Diario del comandante Ted Malonni - Racconti di fantascienza basati su X

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elbobosonriente
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Diario del comandante Ted Malonni - Racconti di fantascienza basati su X

Post by elbobosonriente » Fri, 24. Jun 16, 11:41

I

Diario del comandante Ted Malonni,
Allevamento di Bestiame “Stalle nelle Stelle” AB1LT-07
La Tana
23 Maggio 3016 – 9:37



Era da molto tempo, forse due o tre anni che Ted Malonni, il figlio del proprietario dell’Allevamento di Bestiame “Stalle nelle Stelle” nel settore La Tana, Miguel Malonni, si sentiva stranamente irrequieto. Il suo lavoro come senior buyer nella stazione del padre, trattandosi di un lavoro di calcoli, mediazioni con i venditori e attenzione ai bilanci, negli ultimi anni era stato molto deludente, con continue distrazioni sul lavoro e momenti durante i quali il ragazzo pareva con la testa tra le nuvole del suo pianeta natio, Argon Prime (Terra Argon per gli amici): infatti, lavorando con la testa da tutt'altra parte, Ted aveva fatto perdere all'azienda alcuni importanti venditori di celle di energia, i quali, prima di chiudere definitivamente i contatti con l’azienda, vendevano loro le celle di energia indispensabili per il funzionamento della stazione a un prezzo inferiore a quello stabilito dalla Gilda del profitto, ossia dodici crediti a cella. Ovviamente, per questo motivo e l’aumento delle tasse della Federazione per far fronte alle numerose guerre che scoppiavano di anno in anno, Miguel Malonni fu costretto a licenziare molti dipendenti e alzare il prezzo di vendita degli carne di Argnu che rifornivano le macellerie di Cahoona dei settori limitrofi.
Dopo averci rimuginato parecchio, il padre chiamò il figlio nel suo ufficio per comunicargli qualcosa di urgente. Il padre, un gigante di un metro e ottanta, snello ed elegante come sanno esserlo solo le persone che hanno passato la loro vita in un ufficio, occhi azzurri come ghiaccio e capelli corti grigio scuro, era in piedi dietro la scrivania, le mani dietro la schiena come uno studente durante l’appello. Era stato proprio il suo aspetto imponente, unito a una grande dose di conoscenze nel campo dell’economia, del marketing e nella direzione aziendale ad avergli spianato la strada nel corso della sua carriera: a vent'anni, fresco di studi, era proprietario di una piccola fattoria sul pianeta sul quale era nato e cresciuto, Koria-1, nel settore Tre Mondi, e con quella aveva cominciato a mettere da parte un po’ di crediti e aveva imparato i segreti del mestiere; a trentanove anni, possedeva una stazione tutta sua, la stessa che avrebbe gestito e posseduto fino alla fine dei suoi giorni, la stazione che gli aveva permesso di farsi una buona reputazione a La Tana e, in modo più modesto ma pur sempre gratificante, anche nella capitale della Federazione Argon.
Non appena entrò nell'ufficio, Ted capì il motivo di quella chiamata. Il padre, senza mezzi termini ma pur sempre con rispetto e tatto, disse al ragazzo che doveva andarsene dall'azienda, o perlomeno rinunciare alla carica che occupava al momento e restare come semplice apprendista, cosa che non avrebbe certamente giovato alla reputazione sua e del padre ma avrebbe permesso al giovane di restare a contatto con l’ambiente di lavoro nel quale aveva vissuto per quasi sei anni (al momento aveva ventidue anni) per capire dove aveva sbagliato e cosa fare per porvi rimedio. Il motivo di questa decisione? Semplice: onestà e uguaglianza. Infatti, per colpa della crisi, Miguel Malonni si era visto costretto a licenziare almeno venti veterinari specialisti che erano risultati, tra i centoventi dell’intero staff che si occupava del funzionamento della stazione, i meno esperti. Il Comitato dei Lavoratori Argon di Argon Prime, assieme al piccolo gruppo sindacalista che era nato tra le varie stazioni di La Tana, avevano fatto pressioni affinché il proprietario, in nome dell’uguaglianza e il rispetto dei lavoratori, licenziasse Ted per il suo scarso rendimento sul lavoro. Ovviamente, dato che Miguel era un uomo di sani principi, aveva già deciso di licenziare Ted già un mese prima che i vari gruppi di sindacati glielo chiedessero. Però, dato che si trattava di suo figlio, aveva dovuto attendere un po’ per comunicarglielo e renderlo ufficiale: cosa avrebbe fatto della sua vita, il ragazzo, ora che non aveva più qualcosa di utile e produttivo con il quale passare le sue giornate? Sarebbe forse diventato uno di quei rampolli che, morto il padre, finiva a vagabondare in una strada di una città di un pianeta sottosviluppato, o peggio, si sarebbe unito a qualche banda di criminali che avrebbe macchiato per sempre il suo nome e quello della sua famiglia? Pensieri cupi che angosciavano Miguel mentre comunicava al figlio la sua decisione di estrometterlo dalla società.
Miguel avrebbe ufficializzato il licenziamento del figlio tra due giorni, avrebbe inviato agli uffici dell’anagrafe e del lavoro i documenti necessari, in modo che Ted risultasse, sia agli occhi del padre che del governo, disoccupato o apprendista nell'azienda del padre, ovviamente retribuito e trattato come tutti gli apprendisti, senza le agevolazioni che spettavano di diritto ai dirigenti delle stazioni. Però, siccome Ted al momento era un dirigente di alto livello nell'azienda, avrebbe ricevuto una liquidazione pari a quattrocentomila crediti, il minimo sindacabile che spettava ai dirigenti quando venivano licenziati senza aver subito provvedimenti penali o disciplinari. Siccome si trattava di suo figlio, Miguel avrebbe aggiunto una piccola somma di denaro extra, circa cinquantamila crediti, in modo da permettere al figlio di avere, nel caso avesse voluto mettersi in proprio, una discreta somma con la quale cominciare: in tutto, quattrocentocinquantamila crediti, i quali, se Ted avesse deciso di restare nell'azienda, sarebbero tornate nelle casse non certo traboccanti della stazione per essere adoperati per pagare i fornitori, i dipendenti, le tasse e i piloti che guidavano i cargo adibiti alla vendita della carne.

Il giorno dopo il suo licenziamento ufficiale, Ted chiese al padre di concedergli qualche minuto del suo tempo per poter parlare con lui. Non appena entrò nell'ufficio, Ted disse non voleva tornare a lavorare nell'azienda, poiché, ora che era senza lavoro e privo di vincoli, aveva finalmente capito che cosa gli mancava, che cosa l’aveva tormentato per tutto quel tempo: non era fatto per una vita ordinaria, orari fissi e colloqui dietro una scrivania. Lui voleva una vita zeppa di avventure, spingersi oltre i confini di X, combattere tra le stelle come nei film polizieschi e d’azione che trasmettevano sul canale televisivo ufficiale della Federazione il sabato sera e non dover rimanere in un posto più del dovuto in nome di non meglio definiti vincoli di lavoro che detestava.
Il padre, inizialmente, fu alquanto restio nell'accettare che il figlio se ne andasse per conto proprio nell'Universo X, dato che, nonostante il ragazzo avesse già espresso in passato il desiderio di partire e tentare la sorte, aveva sperato che il figlio, ripensandoci un po’ su, alla fine decidesse di rimanere nell'azienda e tentasse nuovamente, col tempo e con il sudore, di ritornare a occupare il posto che occupava in precedenza. Ovviamente, il padre avrebbe desiderato che il figlio rimanesse per altri motivi: in primis, se fosse rimasto, i quattrocentocinquantamila crediti del ragazzo sarebbero tornati nelle casse della stazione e avrebbero fatto comodo un po’ a tutti, e per ultimo, e questo era quello che maggiormente preoccupava Miguel, il figlio non aveva idea di come fosse la vita all'infuori di La Tana, e, nella disastrosa ipotesi che qualcosa fosse andato storto, il ragazzo avrebbe imparato e si sarebbe risollevato oppure avrebbe scelto una vita di abusi e illegalità per compensare alle sue mancanze? Però, nonostante i suoi timori, guardando gli occhi del figlio il padre capì che non sarebbe riuscito a fargli cambiare idea, neppure sotto la minaccia fucile disintegratore. Rassegnato, ma speranzoso per il futuro del figlio, il padre acconsentì. Una domanda gli rimbalzava nella testa come una pallina da pingpong: avrebbe rivisto il figlio? Sarebbe tornato vincente o sconfitto? Avrebbe fatto parlare di sé per la sua intraprendenza o per le sue razzie nei confronti di mercanti inermi?
Quando fu pronto, il valigione modulare riempito con tutti i suoi averi, la sua e-card con i quattrocentocinquantamila crediti e tutte le informazioni sulla sua persona aggiornate, Ted salutò prima il padre, poi i suoi amici più stretti tra gli operai (compresi anche quelli che aveva chiesto a gran voce il suo licenziamento), poi poté finalmente dire addio a quella vita noiosa e improduttiva che l’aveva tenuto prigioniero per troppo tempo. Contattò l’agenzia di trasporti privati del settore e, dato che voleva risparmiare e cominciare a gestire con parsimonia il suo denaro, affittò una navetta e, con soli duecentocinquanta crediti, a bordo di un Vulture convertito a TP alla bell’è meglio (scomodo per un umano ma profittevole per il Teladi che guidava il mezzo), Ted si diresse ad Argon Prime e scese allo Spazioporto Commerciale del settore, dove, tra mercanti, cacciatori di taglie, farabutti e ufficiali federali in cerca di reclute, c’era solo l’imbarazzo della scelta.
Con tutte quelle facce in movimento, le razze degli uomini, i Paranid, gli Split, i Boron, i Teladi e altre razze di minor importanza, Ted ebbe come l’impressione che un gigantesco portale si fosse spalancato su uno sterminato universo di meraviglie: l’Universo X.




II

Diario del comandante Ted Malonni,
Spazioporto Commerciale Argon SC0AP-02
Argon Prime
25 Maggio 3016 – 18:42



Sembrava che il sogno di Ted fosse destinato a rimanere tale, come se l’Universo non fosse d’accordo con tale decisione. Infatti, dopo essere sceso dalla navetta che l’aveva condotto allo Spazioporto Commerciale di Argon Prime era stato subito raggiunto da un borseggiatore che, rapido da far paura, aveva subito posato le sue manacce lerce sulla piccola borsa supplementare che portava a tracolla, un piccolo zainetto nel quale aveva infilato alcune provviste, calzini e mutande extra e alcuni prodotti per la cura del corpo. Non appena sentì che qualcuno stava strattonandolo da dietro, si volse un gufo e incollò una sberla sulla faccia del miserabile, ma l’intervento di un secondo farabutto lo colse impreparato. Ted, impotente, vide la sua borsa dileguarsi tra la folla che intasava le bancarelle di prodotti generici del ponte nel quale si trovava.
Andò subito a denunciare il fattaccio all'ufficio di sicurezza della stazione, ma gli agenti avevano già molto lavoro e problemi ancor più gravi del suo: gli venne detto che furti di quel genere erano da tempo pratica assai diffusa sulla maggior parte degli spazioporti della Federazione, per colpa di infiltrazioni di clan pirata e Yaki nei posti di comando, cosa che aveva permesso alla feccia di rialzarsi e godere di un’aura di intoccabilità che non veniva neppure concessa ai cittadini onesti. C’era di mezzo anche il presidente della Federazione e i suoi biechi collaboratori, ma le guardie lo pregarono di non dire a nessuno che erano state loro a informarlo di questi fatti tremendi, dato che la nuova amministrazione era alquanto permalosa e capace di mandare allo sfacelo migliaia di famiglie per pura ripicca. Saputo questo, sconsolato ma non incline ad arrendersi davanti a quattro cretini dalla mano lesta, Ted proseguì per la sua strada.
Girovagando per i vari ponti dello spazioporto, Ted individuò una serie di negozi e bancarelle che vendevano equipaggiamenti base per piloti, perlopiù kit di pronto soccorso, aggiornamenti commerciali locali, mappe di navigazione e strumenti per le riparazioni di emergenza in volo. Dallo Split che gestiva la bancarella degli strumenti per le riparazioni, un essere repellente e sgarbato dal nome impronunciabile, acquistò un laser di riparazione tascabile, un palmare dotato di scanner per il controllo danni manuale dello scafo e dei sistemi e un manuale che spiegava come e dove agire nel caso di danni più o meno gravi. Nella bancarella degli equipaggiamenti per piloti, gestita da un Argon che rispondeva al nome di Nik Porter, comperò un paio di tute spaziali, una bombola di ossigeno con maschera (da utilizzare nel caso di atmosfera assente all'interno di una nave), un paio di V-Glass che permettevano di avere la visuale in diretta delle telecamere superiori, inferiori, laterali e posteriori delle navette cargo (anche caccia e capital avevano telecamere di quel tipo, ma erano trasmesse direttamente sui monitor senza l’ausilio di altri attrezzi). C’era anche altre bancarelle sul ponte, ma si trattava perlopiù di oggetti ludici, gioielli Paranid, cd musicali con le tracce delle orchestre jazz dei Teladi e altre chincaglierie utili solo come zavorra.
Dopo aver visto che anche negli altri ponti non c’era nulla di interessante da comprare, decise che era arrivato il momento di chiudere definitivamente con la sua vecchia vita, e per farlo aveva bisogno di un veicolo tutto suo. Al ponte d’attracco, vide un cartellone pubblicitario che parlava di una navetta gratuita che, ogni ora, faceva la tratta dallo spazioporto al cantiere e viceversa: un vero colpo di fortuna, dato che, avendo all'incirca quattrocentomila crediti, doveva stare attento alle spese se voleva comprarsi una nave degna di tale nome. Mancavano circa quaranta minuti all'arrivo della navetta, quindi fece passare il tempo chiacchierando con gli Argon presenti alla banchina, parlando del più e del meno e chiedendo informazioni sull'andamento dell’economia e del commercio, mentre teneva gli altri sensi all'erta per evitare di farsi fregare nuovamente da qualche ladruncolo cerebroleso.

Dopo un viaggio scomodissimo sulla minuscola e sgangherata navetta offerta dalla Mutua Argon Agenzia, arrivò sul cantiere e, seguendo le indicazioni sui cartelli e i tabelloni multimediali, si diresse agli uffici commerciali, una gigantesca sala attrezzata di bancarelle, tavoli e sedie dove chi aveva da vendere qualche nave, affittava una bancarella o pagava solamente la tassa d’entrata e stava a gironzolare lì dentro con la speranza di trovare qualche pol… Possibile acquirente con una somma ragionevolmente alta di crediti da spendere (e poi dicono che sono solo i Teladi quelli avidi).
Fece un giro tra i mercanti che illustravano i pregi e le caratteristiche delle navi in vendita ma, nonostante le navi sembrassero in ottimo stato, i prezzi non lo erano affatto: si passava da due milioni di crediti a ottocentomila crediti, e questo solo per i cargo a corto raggio, quelli lenti e con le stive così poco capienti da che nessuna stazione o mercante avrebbe voluto stipulare accordi commerciali per partite di merci così esigue. Certo, quei cargo erano di ultima generazione e con tanti software e comodità da sembrare villette volanti, ma Ted stava cercando qualcosa che gli permettesse di recuperare la somma spesa e fare ulteriori guadagni. Adocchiò un mercante che stava vendendo un cargo in buono stato e con la stiva capiente, circa diecimila unità di stock, ma la voce e l’aspetto del venditore gli fecero capire che quel tizio non era molto raccomandabile, e molto probabilmente la nave in vendita o era un catorcio o non esisteva affatto.
Non trovando nulla che lo soddisfacesse o fosse alla portata delle sue tasche, sconsolato si avviò verso l’uscita dall'altra parte della sala, attraversando lunghe fila di bancarelle, venditori urlanti e clienti che ondeggiavano da una parte all'altra, rendendo alquanto difficoltoso camminare senza urtare qualche passante un po’ addormentato. Aveva intenzione di tornare allo spazioporto e, per cinquecento crediti, affittare un posto letto nel dormitorio pubblico della stazione, in modo da passare la notte in un posto che non fosse una panchina o un corridoio isolato. Sarebbe tornato al cantiere il giorno dopo, sperando di trovare altri mercanti con merce più interessante.
Mentre si trovava a circa cento metri dall'uscita, sentì una mano dalla strana consistenza picchiettargli sulla spalla. Temendo un nuovo tentativo di furto, Ted si voltò di scatto coi pugni alzati, pronto a darle di santa ragione. Un essere verde, dalla pelle coriacea e squamosa, alto circa un metro e settanta stava facendo segno che voleva parlargli, ma appena vide i pugni alzati e l’espressione risoluta di Ted, si raggomitolò su sé stesso e chiese non gli fosse fatto alcun male, che aveva figli, moglie e tasse da pagare. Era un Teladi, i più astuti commercianti di X, capaci di ottenere profitto anche nel mondo dei sogni, vendendoli a chi non aveva fantasia per farsene di propri.
Vedendo che l’essere raggomitolato non sembrava intenzionato a derubarlo e anzi stava facendo cenno che voleva parlargli, Ted abbassò i pugni e gli chiese cosa volesse. Il Teladi non perse tempo e, come rinvigorito da una scarica elettrica di alta tensione, si raddrizzò e cominciò con le presentazioni: si chiamava Goulianis Limanusat Teorobis IV, chiamato Guliano dagli amici e dai clienti più affezionati, ed era un famoso venditore di navi e prodotti hi-tech, tutti rigorosamente certificati e di qualità. Aveva visto che Ted sembrava interessato ai cargo mercantili e, guarda caso, aveva un Mercury in vendita, in buono stato, con poche riparazioni marginali da effettuare, software aggiornati e prezzo trattabile, ma si trattava di un’offerta limitata, dato che molti suoi clienti desideravano quell'articolo e solo chi fosse stato abbastanza saggio da concludere l’affare si sarebbe aggiudicato il mezzo.
Siccome Ted non voleva spendere tutto quello che aveva per una sola nave, disse di poter acquistare il veicolo a un prezzo non superiore ai centomila crediti, e Guliano, furbo come solo un Teladi era in grado di essere, abbassò il prezzo a settantacinquemila crediti per tentare ancor di più il suo cliente. Ted cominciò a pensarci un po’ su, alquanto stupito dal fatto che Guliano avesse abbassato di un quarto il prezzo che aveva proposto, dato che, da quel che aveva sentito dai lavoratori della stazione di suo padre e i vari programmi di cultura generale, i Teladi non erano gente disposta a farsi scappare il profitto, al punto che avrebbero rischiato la vita anche per trasportare due celle energetiche da Armatura Verde a Seizwell. Che ci fosse qualcosa sotto?
Tentennando un po’, dato che si trattava di un investimento importante, Ted rimase un po’ taciturno, grattandosi il mento, cercando di capire quale fosse il modo migliore di agire, senza sembrare troppo insicuro e indeciso, col rischio di far capire al venditore di non avere bene le idee chiare e farsi fregare con improvvisi aumenti di prezzo oppure offerte apparentemente vantaggiose, ma che, a guardarle ben bene col lanternino, erano tutto fuorché vantaggiose. Stette appena un minuto a pensare, soppesando i rischi e valutando i vantaggi.
Proprio mentre stava per comunicare a Guliano la decisione di pensarci su una notte e continuare la trattativa il giorno dopo, ecco apparire da dietro le spalle di Ted un Argon sui cinquant'anni, spelacchiato come un gatto litigioso e con alcuni chili di troppo a gravargli sulle ossa. L’Argon si diresse verso Guliano e, con fare interessato visto che aveva sentito la conversazione avvenuta tra i due, chiese se la nave fosse ancora in vendita, dato che aveva bisogno di un Mercury per commerciare celle di energia, acqua e bistecche Cahoona nei settori limitrofi della Federazione, terre di facili guadagni grazie all'avanzare delle guerre civili e razziali e alla diminuzione di mercanti disposti ad avventurarsi in quelle “zone tiepide”.
Allarmato, dato che quella poteva essere la sua unica occasione di ottenere un Mercury a meno della metà del suo prezzo di vendita, Ted si fece avanti e comunicò la sua decisione: affare fatto! Guliano disse all'Argon, Marcus, di non prendersela troppo a male e di ritornare il giorno dopo per tentare la sorte, dato che con lui, Guliano, fioccavano nuovi sorprendenti affari ogni giorno. Con un sorriso un po’ malinconico e rassegnato, Marcus uscì a testa bassa dalla sala, con un tal dispiacere nello sguardo che Ted, per un istante, fu tentato di rivedere la sua decisione e lasciare che fosse l’Argon a prendersi la nave. Poi la sua necessità di ottenere un veicolo commerciale per rendersi indipendente da stazioni e datori di lavoro tornò a bussare alla periferia della sua mente, e quindi Ted tacque, tenendosi per sé il suo agognato cargo mercantile.
Felice, Guliano si complimentò con Ted per l’ottimo acquisto, segno inequivocabile di una persona saggia, sveglia e con un senso degli affari innato, e altri salamelecchi verbali dello stesso calibro. Ted prese il suo palmare TransMat, un sorta di piccolo Tablet che permetteva di effettuare transazioni economiche digitali, e impostò nella sezione transazioni la cifra di settantacinquemila crediti e attivò l’opzione “riconoscimento dispositivo vicino”, in modo che, non appena Guliano avesse attivato il suo dispositivo e Ted avesse effettuato il riconoscimento tramite impronta digitale sul dispositivo ricevente, i soldi sarebbero transitati sul conto del venditore in modo sicuro, senza disguidi o accrediti accidentali a conti differenti.
Guliano prese il suo dispositivo ma, per qualche strana ragione, non riuscì ad accedere alla sezione delle transazioni economiche e attivare la ricezione dei crediti. Fece numerosi tentativi, anche riavviando il dispositivo e modificando le impostazioni, ma non ci nulla da fare, dato che il dispositivo continuava a non voler funzionare da galantuomo. Il Teladi, dopo averci riprovato un’ultima volta, disse a Ted che l’unica opzione di transazione economica che pareva funzionare era quella delle donazioni, e qui il ragazzo ebbe un dubbio: le normali transazioni economiche venivano registrate sui server commerciali della finanza e, a fine mese, il Dipartimento dell’Economia e delle Transazioni calcolava le tasse da pagare in base al numero e alla consistenza delle transazioni, le inviava sotto forma di nota di avvertimento ai dispositivi dei commercianti, così che potessero dare il via libera tramite impronta digitale a prelevare le tasse direttamente dai conti, evitando così sanzioni o multe a causa di ritardi o disguidi. Le donazioni, a differenza delle transazioni, non erano tassate e venivano registrate nei server solo per ventiquattro ore, dopodiché venivano cancellate e non se ne sapeva più niente (chi aveva progettato il sistema, evidentemente, o era in malafede oppure non aveva idea che qualcuno potesse utilizzare le donazioni per scopi malevoli). Stava per dire no, quando vide che il dispiacere di Guliano era reale, privo di cattive intenzioni. Accettò e inviò il denaro.
Guliano diede al ragazzo la chiave per accedere al cargo, una sorta di mezza sfera dalla cui parte piatta partivano due cilindri dodecagonali di cristallo energetico, insieme a un piccolo manuale cartaceo che illustrava le caratteristiche del Mercury, i componenti propri di quella categoria di cargo, la storia sulla progettazione, le specifiche tecniche utili per le riparazioni e schemi e schemi di cifre e numeri che servivano ai meccanici specializzati a calibrare i vari software e sensori senza correre rischi o causare danni. Il Teladi disse a Ted di andare all'attracco 2 del ponte 7, dove si trovava la sua nuova nave, mentre nel frattempo lui sarebbe andato agli uffici commerciali per dichiarare la somma di denaro ricevuta. Ted annuì, prese le chiavi e si diresse verso il suo futuro.

Quando arrivò nei pressi dell’attracco, un forte dubbio cominciò a insinuarsi dentro di lui e, non appena varcò il portellone a chiusura ermetica, divenne una terribile certezza: era stato truffato, pigliato per i fondelli, derubato del proprio denaro. La sua avventura era cominciata da appena due giorni, quasi tre, ed era stato già fregato due volte, e per di più nello stesso giorno? Era forse destino che la sua “avventura” fosse solo quella di essere fregato come un pivello?
Quell'hangar aveva un’aria dismessa, quasi fatiscente, e molto probabilmente era un accesso di servizio utilizzato dai tecnici o in caso di emergenze. Infatti, dopo aver fatto pochi passi, venne fermato da un meccanico che gli chiese se fosse suo il Mercury attraccato in quell'area riservata e, se fosse stato suo, avrebbe dovuto fornire delle spiegazioni convincenti per non pagare una multa per attracco abusivo e ostruzione di vie di emergenza fondamentali. Ted rispose che aveva appena comprato quel Mercury ed era stato il venditore Teladi a dirgli di andare in quell'hangar per prendere in consegna la sua nuova nave. Il meccanico cambiò tono e si fece dire cos'era successo: con voce comprensiva, il meccanico disse che era stato fregato in maniera clamorosa, e invitò il ragazzo a vedere il suo “mirabolante Mercury che necessitava di giusto due lavoretti di manutenzione”.
Il Mercury che aveva pagato la bellezza di settantacinquemila crediti era in queste condizioni: lo scafo era molto danneggiato ed erano evidenti bruciature causate da laser, piccoli graffi e fori di armi a proiettile e chiazze di ruggine lungo le linee sensibili, come lo scheletro della struttura e le cerniere rinforzate degli oblò di servizio e dei portelli. Dopo alcuni controlli con le sue apparecchiature di analisi, il meccanico scoprì che la velocità massima dei motori installati, un modello piuttosto obsoleto per quel tipo di cargo, era di appena ventisette metri al secondo, l’accelerazione era progressiva e non istantanea, mentre i razzi direzionali erano gli unici che funzionavano a dovere. L’ats era stato rimosso, così come il jumpdrive, mentre la stiva non aveva subito modifiche di sub-compressione e poteva portare un massimo di tremila unità. La sala di pilotaggio, una sorta di sgabuzzino con due sedili pigiati contro la vetrata rettangolare di osservazione, era sprovvista dei più basilari sistemi: per esempio, il software di navigazione mk1 era danneggiato al punto da essere irrecuperabile, i software di commercio non erano installati, ma almeno il sistema di controllo manuale della torretta pareva a posto… Peccato che la torretta fosse così danneggiata da sembrare l’ugello di una pompa per innaffiare la soja Paranid, cosa che lasciava intendere che la capacità di fuoco della stessa fosse meno potente addirittura di uno sternuto di un poppante.
Mentre controllava la stiva alla ricerca di altri danni, il meccanico fece una scoperta incredibile: nascosto in una parete sul fondo della stiva, nascosto da un pannello di acciaio, trovò un dispositivo che pareva assai costoso e complesso, e, dopo averlo guardato con attenzione, rimase senza parole. Credeva che si trattasse solo di una leggenda diffusa da qualche ciarlatano, eppure la prova era davanti ai suoi occhi! Si trattava del famigerato Espansore Quadrimensionale, nome un po’ brutto e poco scientificamente poetico datogli da un docente dell’Università di Scienze Generali di Argon Prime, ma pur sempre preferibile alla banale frase “l’interno è più grande dell’esterno”.
Il meccanico mostrò a Ted e disse che il Teladi, e molto probabilmente anche il complice Marcus (il Teladi aveva chiamato per nome Marcus, anche se questi si era rivolto a lui dando l’impressione di non conoscerlo) non si erano accorti che stavano trasportando un tesoro, un prototipo di un dispositivo mai entrato in produzione per via dei prezzi proibitivi dei componenti principali, altrimenti non avrebbero perso tempo a smontarlo e venderlo al mercato nero. Se Ted avesse venduto quel dispositivo, avrebbe ricevuto ben più dei settantacinquemila crediti spesi per quella scatoletta di tonno rugginosa: molto probabilmente avrebbe ricevuto tanti di quei soldi da potersi permettere una Capital di classe Valhalla equipaggiata col massimo di scudi e armi… Ovviamente, se fosse riuscito a venderlo di nascosto, dato che la Federazione, ultimamente, era divenuta assai ingorda in fatto di denaro e tecnologie.
Vedendo il dispiacere di Ted, il quale si era visto privato dell’unica via per raggiungere i suoi desideri, il meccanico ebbe pietà: anche lui da giovane, un ragazzino lentigginoso di nome Jordan Kwusaraki (un cognome che aveva fatto ridacchiare non poco i babbei incontrati a scuola), era stato fregato da qualcuno che credeva degno di fiducia, prestando al sedicente amico una somma di denaro con la promessa di farsela restituire entro un anno (ovviamente senza interessi, data la bontà di Jordan). Alla fine, il miserabile non si era fatto più vivo e Jordan aveva visto volare via i suoi soldi assieme alla possibilità di investire nel suo futuro, con la conseguenza che ora, a trentatré anni, era solo un meccanico relegato per tutta la vita su una stazione per colpa della sua carenza di liquidità. Per questo, decise di aiutare Ted a rimettere a nuovo il Mercury con i pezzi di ricambio abbandonati nelle varie officine sparse lungo tutto il cantiere, cosa che non avrebbe causato problemi legali a nessuno, dato che sulla stazione c’era talmente tanto materiale inutilizzato da rimettere a nuovo un’intera flotta militare dopo una dura battaglia.
Siccome non si erano ancora presentati per tutte le scoperte che si erano susseguite in quei pochi minuti, Ted e Jordan si strinsero la mano e si presentarono, dicendo chi erano, cosa facevano e cosa avrebbero voluto fare in futuro. Dopo aver compiuto tutte queste operazioni, i due si misero all'opera: Jordan cominciò a svitare bulloni e controllare l’integrità della struttura portante, mentre Ted, seguito e consigliato dal meccanico, cominciò a rimuovere i vari dispositivi elettronici dalla sala di pilotaggio e li mise disposti su un tavolo d’acciaio che si trovava appena oltre la piazzola d’attracco, nell'officina, dove Jordan li avrebbe controllati per capire se erano completamente inutilizzabili o se fosse possibile recuperare qualche componente elettrico per i lavoretti futuri.
Insieme, cominciarono a dare un volto più decente a quella scatoletta di tonno che Guliano, con l’inganno, aveva scaricato tra le braccia di Ted. Chissà, forse il Teladi, vendendogli quel catorcio con al suo interno l'Espansore Quadrimensionale aveva fatto meno danni di quel che credesse. Forse, così facendo, aveva fatto in modo che Ted ottenesse quel che voleva: un modo per fuggire da quella prigione ideologica e non rendere permanenti i vincoli che lo tenevano incatenato troppo a lungo in un solo posto.




III

Diario del comandante Ted Malonni,
Mercury “Little Tuna” MA4US-32
Argon Prime (Direzione: La Muraglia)
26 Maggio 3016 – 9:12



Erano in viaggio sul Mercury diretti verso La Muraglia, per acquistare un carico di celle di energia da rivendere a un buon prezzo, pilota automatico attivo e ats disinserito, poiché avevano smanettato tutta la notte attorno al cargo, tagliando e saldando i pannelli di Teladianium che avrebbero sostituito le pareti di semplice acciaio inox multistrato mezze disintegrate dalle intemperie. Erano riusciti a trovare i pezzi di ricambio adeguati per fabbricare un nuovo ats, smontando quelli che si trovavano ancora installati sulle navette parcheggiate all'interno dell’area di rottamazione. I motori, invece, erano stati sostituiti con un modello non originale del Mercury, un sistema generatore-propulsore integrato che, senza le modifiche speciali offerte dai tecnici degli spazioporti commerciali e le officine, spingeva la nave a una velocità di settantacinque metri al secondo. I software della nave erano stati i più difficili da trovare, dato che le navi destinante alla rottamazione venivano private di tutti i software ritenuti ancora validi o accettabili in termini di stabilità, funzionalità e funzionamento, infatti gli unici software in buono stato che erano riusciti a trovare e installare erano le due versioni base del software di navigazione e quello commerciale, il potenziamento video per effettuare lo zoom con le telecamere della navetta, e l’acceleratore di spinta per arrivare da zero alla velocità massima dei motori in poco meno di quattro secondi.
Al momento della prima attivazione dei motori e dei sistemi base della nave, Ted si chiese come avrebbe fatto a viaggiare per più di due metri su quella malconcia scatoletta di tonno senza saltare in aria prima. Quando uscirono dall'attracco della stazione ed ebbero appurato che, contrariamente alle catastrofiche previsioni, tutti i vari componenti della nave funzionavano al massimo della loro capacità, Jordan chiese a Ted se avesse scelto un nome ufficiale da inserire nel transponder da aggiungere al codice identificativo fornito con l’apparecchio, MA4US-32. Siccome si era ricordato come aveva chiamato la nave poco prima della sua accensione, scatoletta di tonno, in onore di quel suo madornale errore di giudizio decise di chiamare il cargo “Little Tuna”, un nome che aveva estrapolato col traduttore multilingua scegliendo un’antica lingua terrestre, l’inglese. Il nome in lingua originale suonava bene, perciò decise di non tradurlo ulteriormente nella lingua corrente Argon, un guazzabuglio di russo, giapponese e inglese da far venire l’orticaria persino al Papa.
In più, oltre a tutte le altre funzionalità fondamentali per un cargo mercantile a lungo raggio, avevano scoperto che l'Espansore Quadrimensionale funzionava alla perfezione: infatti, non appena l’avevano installato all'interno della stiva modulare, dalle tremila unità di carico iniziali la capacità era aumentata, secondo i sensori della nave, a ventimila unità (e questo senza modifiche alla struttura originale della stiva). Per un cargo di quel tipo pagato quasi nulla e un commerciante alle prime armi era come una benedizione, dato che il mercantile Argon più capiente, il Mistral Super Cargo, arrivava a costare anche cinque milioni di crediti e aveva un carico massimo di quindicimila unità. Per ultima cosa, ma non meno importante, Jordan aveva trovato un Cannone Particellare con relativo software di puntamento da installare come torretta sul retro della nave, un’arma dal rateo di fuoco molto elevato efficace soprattutto contro le salve di missili e i caccia ricognitori.
Anche se ci stavano mettendo più del dovuto (viaggiare con l'ats rendeva il viaggio soggettivamente più rapido, dato che non influenzava il normale spazio-tempo) decisero di non attivare l'ats, poiché Jordan aveva bisogno di ancora un po’ di tempo per effettuare gli ultimi controlli e calibrare i sistemi e i sensori che, per motivi di incompatibilità strutturale, subivano lievi oscillazioni di energia, cosa che, durante una situazione di pericolo, poteva rivelarsi fatale. Erano sistemi delicati, circuiti elettrici a base cristallina che necessitavano di tecnici specializzati e un afflusso controllato di energia, come per esempio le batterie dei motori, in grado di estrapolare energia punto zero dalle dimensioni parallele più vicine a quella principale, tramutandola poi in energia ionica che veniva espulsa dai propulsori.
Jordan aveva deciso di salire sul cargo per farsi accompagnare da Ted allo spazioporto di Fortuna di Elena, dove avrebbe barattato dei pezzi di ricambio di un Elite in cambio di una partita di missili Mosquito da portare al cantiere di Argon Prime per soddisfare le richieste sempre maggiori di armi a buon mercato per difendersi da pirati e dalle razze ostili che stavano imperversando in tutto il Commonwealth. Però, prima di andare allo spazioporto, sarebbero andati ad acquistare le celle energetiche a La Muraglia, dato che di recente la Argon Energia aveva costruito in quel settore un impianto autonomo di produzione energetica di classe XL, un complesso che veniva rifornito dai cargo della AE di silicio, riducendo al minimo i costi di gestione della produzione di celle energetiche, costringendo i concorrenti locali a vendere le loro fabbriche e trasformando il settore in un meta obbligatoria per tutti i mercanti che avevano bisogno di energia a buon prezzo.

Dopo un paio d’ore, spinti solamente dai propulsori, Jordan concluse i suoi lavori di manutenzione e tornò nella sala di pilotaggio, ora rimessa a nuovo e più spaziosa, senza cavi pendenti o scoperti e attrezzature ingombranti al posto sbagliato. Sedette al posto del copilota, il sedile sulla destra, e diede un’occhiata al gravidar e al pannello di controllo dei sistemi, per vedere se gli scanner rivelassero qualche oscillazione anomala di energia o micro-falle nello scafo. Soddisfatto dell’ottimo lavoro svolto, il meccanico si concesse qualche minuto di relax, mettendosi più comodamente sulla sedia e con le mani dietro la testa, osservando beato le meraviglie cosmiche che popolavano il mondo fuori dalla vetrata davanti a lui. Nebulose ramificate, stelle, Argon Prime nella sua bellezza esotica, le scie ioniche di colore bianco-azzurro delle piccole navette che sfrecciavano tutt'intorno come api operaie in un alveare… Tutto quel ben di Dio aveva il potere di far rilassare persino un paranoico con manie complottistiche e deliri di persecuzione.
Si avvicinarono al portale Est di Argon Prime, quello che conduceva a La Muraglia. Di fronte a loro si trovava il gigantesco macchinario lasciato lì dagli Antichi innumerevoli ere prima, con finalità ignote. Sulla parte destra dell’anello c’era un grosso cilindro metallico attraversato da linee blu fosforescenti che indicavano la presenza di energia, il quale, collegato all'anello da grossi tubi d’acciaio e condutture in vetro di diamante all'interno delle quali scorreva il fluido blu fosforescente, dava energia all'anello interno del macchinario, facendolo ruotare e creando un’interferenza nello spazio-tempo e permettendo al macchinario di creare un tunnel di accelerazione gravitazionale collegato al portale gemello di La Muraglia. L’energia instabile del portale che permetteva il viaggio istantaneo tra due portali era ben visibile all'interno dell’anello: una specie di pozza d’acqua in movimento, blu-azzurra, eterea, archi elettrici che si rincorrevano da un estremo all'altro del macchinario, tutti quei fasci di luce blu che si muovevano in senso orario, dando l’impressione di guardare un gigantesco gorgo marino. I portali degli Antichi, nonostante il loro reale funzionamento fosse ancora un mistero per la complessità delle tecnologie e dei materiali utilizzati, avevano un’innegabile bellezza, il blu del vortice che aveva un potere terapeutico su chi lo guardava, capace persino di distrarre, almeno per un secondo, uno Split da un combattimento.
Entrarono nel portale e, istantaneamente, si ritrovarono nel settore La Muraglia. Nonostante non fosse un settore strategicamente importante, dato che non fungeva da accesso verso le zone di guerra o i campi di asteroidi più ricchi, aveva una notevole importanza per i settori limitrofi grazie ai suoi impianti di produzione, le centrali solari, gli allevamenti di Argnu e le macellerie di Cahoona che rifornivano di bistecche le stazioni adibite al confezionamento delle razioni alimentari per l’esercito e i lavoratori delle stazioni federali. Il console del settore, Lucius Darrymoore, aveva investito molto nella ricerca e negli impianti di quel settore, trasformandolo da semplice spazio vuoto tra due settori a meta obbligatoria per i cargo dei rifornimenti alimentari ed energetici, cosa che gli valse una medaglia da parte del Ministro dell’Economia e dello Sviluppo.
Passando vicino a uno dei tanti allevamenti orbitali del settore, Ted non riuscì a fare a meno di pensare a quando anche lui credeva che la vita iniziasse e finisse tra le mura d’acciaio dell’allevamento di suo padre: pareva fossero passati secoli, mentre in realtà la sua avventura era cominciata da pochi giorni. Come facevano quelle persone a resistere in quei luoghi così poco creativi, le mura d’acciaio che promettevano monotonia a gogò, mentre pochi centimetri più in là un Universo dinamico zeppo di meraviglie si evolveva costantemente? Era là fuori che le persone contavano davvero, dove anche un commerciante squattrinato poteva diventare un imprenditore benestante, mentre l’unico risultato che si otteneva standosene la maggior parte della vita in un solo luogo senza tenersi aggiornati e farsi sentire era diventare degli anonimi, morire senza lasciare tracce di sé stesso, senza nessuno a ricordare e far ricordare. Ecco perché Ted aveva voluto chiudere con la sua vecchia vita: voleva che il suo nome fosse ricordato, nel bene o nel male dipendeva da quanto sarebbe stata subdola la casualità con lui.
La stazione che stava cercando si trovava a circa due scatti (200 km) di distanza dal centro del settore, nel quadrante sud, in una zona di spazio sgombra da traffico e altre stazioni. Il motivo per il quale la stazione era stata costruita così fuori mano era piuttosto semplice: in quella zona i grossi pannelli solari dell’impianto potevano lavorare a pieno regime e senza interferenze (non certo ai livelli di efficienza di Faro di Akeela), senza le ombre di altre stazioni o flussi di navette in movimento a oscurare i pannelli. Così facendo, la stazione aveva un buon rendimento e, data la posizione leggermente fuori dalla portata dei gravidar dei piloti meno avventurosi, era visitata da un numero ridotto di cargo e le sue stive erano quasi sempre piene e i prezzi delle celle di energia concorrenziali rispetto a quelle dei settori più trafficati.
La stazione entrò nel raggio del comunicatore della Tuna. Jordan pigiò un bottone e aprì un canale di comunicazione: il sistema di comunicazione automatico del computer centrale della stazione, con la sua voce metallica e priva di sfumature emotive come quella di un vulcaniano, chiese se volevano attraccare, porre qualche domanda al centro informativo o contattare alcune delle persone presenti sulla stazioni. Jordan, sul monitor tattile installato sul piano davanti a lui, premette col dito la prima opzione e il computer della stazione disse loro di seguire la scia di luci lampeggianti per attraccare alla postazione a loro assegnata.
Ted accese uno dei tanti monitor alla sua sinistra, azionando le telecamere frontali del cargo, ottenendo un’immagine vivida di ciò che c’era davanti a loro. Impostò la modalità di attracco assistita e, come se si fosse trattato di un effetto spaziale messo lì in post-produzione, nello spazio vuoto apparvero due scie di luci equidistanti tra loro che formarono una pista verso l’attracco a loro assegnato: la torre di attracco era un lungo cilindro che, alla fine, si divideva in una decina di grossi bracci cilindri disposti a raggiera intorno allo stesso, i quali terminavano con un’apertura quadrata chiusa da un paio di paratie a tenuta stagna. Quel tipo di attracco, rispetto a quelli wireless del passato, era più sicuro rispetto alla tecnologia senza fili che scomponeva in atomi la merce nei depositi delle stazioni per poi riconvertirla al loro stato originale nelle stive delle navi, correndo sempre il rischio di perdersi alcuni atomi nel vuoto, con conseguenze disastrose a seconda del tipo di merce trasportata. Inserì il pilota automatico e l’ats e attese con pazienza che la Tuna si sistemasse in maniera corretta ed equidistante dall'apertura del braccio numero 7, quello a loro assegnato.
Con una breve occhiata in giro, Ted si rese conto che c’erano altre quattro navette cargo attraccate alla stazioni, ma non sapeva se si trattasse di semplici passanti, trasporti passeggeri o navi minerarie. Nell'attracco che si trovava dall'altro lato della stazione, isolato dagli altri per via della sua grandezza, non c’era nessun cargo di classe capital agganciato né in fase di attracco, cosa che rassicurò Ted, dato che le gigantesche navi commerciali che venivano prodotte dalle parti di Albion avevano stive così esageratamente grandi da svuotare le piccole e obsolete stazioni del Commonwealth.
Non appena la nave fu in posizione e il computer commerciale della stazione collegato a quello della Tuna, Ted diede un’occhiata alla lista delle offerte commerciali proposte dalla stazione: alcune riguardavano le merci acquistate dalla stazione, ossia il silicio per le celle e acqua, medicine e rifornimenti alimentari di vario genere. Nella sezione delle vendite, il ragazzo rimase colpito da un’offerta in particolare, ossia un contratto commerciale che prevedeva la vendita di diciottomila celle di energia per due crediti per unità di merce. Ted avrebbe voluto caricare la stiva al massimo, dato che era perlopiù vuota, a parte le unità della stiva convertite a moduli operativi per gli scudi e i sistemi di puntamento ed energetici della torretta, il tutto per una perdita di unità di stoccaggio pari a trecento unità.
Controllò le altre offerte, ma dato che erano sistemate nella lista dalla più bassa alla più alta, decise di optare per lo stock da diciottomila celle. Collegò il suo dispositivo di pagamento al computer della nave, collegato a sua volta a quello della stazione, e impostò i parametri affinché la somma di trentaseimila crediti transitasse sul conto della stazione. Infatti, dopo qualche secondo di elaborazione dei dati, il sistema di comunicazione automatico della stazione comunicò loro che la transazione era avvenuta con successo e che tra pochi istanti i droni avrebbero cominciato le operazioni di imbarco. Infine, ringraziò e salutò con una voce talmente artefatta e priva di emozioni da sembrare un messaggio subliminale, falso, pieno di doppi sensi, una velata minaccia.
Le paratie del portello dell’attracco si aprirono verticalmente scorrendo sulle rotaie, lasciando intravedere una serie di congegni meccanici e ingranaggi che avevano il compito di prelevare i droni da carico dall'officina interna e portarli fin all'uscita dell’attracco, dove sarebbero stati attivati da un impulso elettrico a bassa energia e sarebbero usciti a compiere il loro dovere, già con la piccola stiva riempite da due o tre unità di merce, a seconda della grandezza della merce.
I droni, circa uno ogni minuto, cominciarono a uscire: avevano una forma vagamente ellissoidale, piatta nella parte inferiore dove si trovava la zona di trasporto merci, la quale era composta da una serie di bracci metallici pieghevoli che, chiusi come le zampe di un ragno morto, tenevano stretti i piccoli container di classe S che trasportavano una cella di energia ciascuno. Dietro, invece, erano dotati di un propulsore ionico a bassa velocità, che permetteva al drone di volare in modo stabile sulle brevi distanze, aiutato anche dal sistema di guida integrato che evitava gli impatti con gli ostacoli solidi in maniera efficiente, senza far compiere al drone manovre azzardate e, alla lunga, rischiose sia per lui che per gli altri.
Dopo circa venti minuti di carico e scarico, i droni finirono il loro lavoro e rientrarono nel portello, mentre il computer della Tuna avvertì Ted che tutte le operazioni da e verso la nave erano concluse e si poteva ritornare a prendere il controllo della nave senza correre il rischio di causare incidenti. Ted non poté aprire il portello secondario che connetteva la cabina di pilotaggio alla stiva, poiché, quando si era in volo, i sistemi automatizzati della nave aumentavano del trenta percento la pressione della stiva per mantenere al sicuro il carico, evitare che si danneggiassero urtando accidentalmente tra loro. Non poteva certo aprire il portello, dato che la grande differenza di pressione che c’era tra i due compartimenti avrebbe potuto seriamente danneggiare i loro organi interni e ucciderli, perciò consultò il computer della nave e controllò il modulo di stoccaggio: pressione ideale e costante, niente perdite dai container delle merci e occupazione ottimale dello spazio, senza sprechi. Diede energia ai propulsori, azionando anche l’acceleratore per non dover attendere ulteriormente la velocità massima della nave e si allontanò dal raggio di comunicazione della stazione.
Impostarono il computer di navigazione verso Fortuna di Elena, così che Jordan potesse scendere allo spazioporto e fare le sue commissioni, dopodiché avrebbe cercato per conto suo un mezzo per ritornare al cantiere di Argon Prime con la merce che doveva ritirare. Questo era quello che avrebbe dovuto fare, mentre ciò che fece in realtà fu molto diverso: il vicedirettore del dipartimento delle officine nel quale lavorava anche Jordan, lo contattò tramite il suo cercapersone e gli disse che, a causa di incomprensioni nate tra le parti, l’accordo era saltato e il cantiere aveva commissionato i missili a un’azienda governativa, più costosi per via delle tasse sempre più alte ma con la sicurezza che il carico sarebbe arrivato quando stabilito. Jordan poteva prendersi tutta la giornata libera e avrebbe dovuto fare ritorno al luogo di lavoro il giorno dopo alle otto, riprendendo poi le sue solite, noiose sessioni di smonta-ripara-rimonta navi.
Siccome aveva il resto della giornata libero, Jordan decise di seguire Ted mentre questi andava di settore in settore per riuscire a trovare una stazione dove vendere le celle a diciannove o venti crediti. Era un modo per godere delle bellezze dell’Universo prima di ritornare alla grigia, metallica e stantia vita da meccanico senza prospettive positive per il futuro. Poi, stava cominciando a stimare Ted come persona, per la sua voglia di provare sulla propria pelle l’ebbrezza dell’avventura, il sapore del rischio, il brivido dell’ignoto. Ciò che Jordan sognava per il suo futuro quando era giovane e ingenuo…

Ci misero quattro ore buone, poiché dovettero girare parecchio prima di trovare il settore ideale per vendere le celle e, per ogni settore che attraversavano, Ted pretendeva di esplorarlo da cima a fondo prima di passare al prossimo, dato che, a differenza di Jordan, il ragazzo riteneva uno spreco assurdo e dannoso comprare degli aggiornamenti per le mappe stellari, aggiornamenti che erano quasi sempre o incompleti o vecchi di parecchi mesi, cosa che rendeva illogico spendere del denaro per acquistarli (Ted si era scoperto Vulcaniano e Teladi allo stesso tempo).
Lasciarono i territori della Federazione Argon e raggiunsero i confini dell’Impero Paranid, più precisamente il settore Miniere dell’Imperatore, una fruttuosa colonia mineraria che forniva minerali e silicio alle industrie hi-tech di quel quadrante dei loro territori. Era uno dei pochi settori nei quali i non-Paranid e le persone che non riconoscevano la loro fede e il potere superiore del loro Duca potevano circolare liberamente… Però sempre sotto il sospettoso e vigile occhio della polizia di quel settore, la quale non incoraggiava certo i turisti a rimanere nel settore. Si limitavano a commerciare, concludere le trattative e basta, senza gettare i ponti per future relazioni diplomatiche pacifiche o legami di amicizia con le razze impure di tutto l’Universo. Al momento la Federazione Argon era in relazioni pacifiche con i Paranid, ma la tensione tra le due razze stava crescendo per via delle numerose operazioni minerarie presso asteroidi di Nividio che i Paranid stavano compiendo, cosa che molti anni prima aveva causato uno spaventoso incremento delle attività ostili dei Kha’ak, a danno soprattutto degli Argon, con la perdita di Confini della Federazione e la morte di innumerevoli persone onorevoli a Omicron Lyrae.
Individuarono una stazione ancorata a un grosso asteroide di silicio: si trattava di un impianto mobile di estrazione automatizzata dei minerali, un complesso relativamente semplice che richiedeva poca manutenzione e pochissime risorse per operare, ma la cosa più importante era che, dopo l’esaurimento di tutte le vene minerarie dell’asteroide, la stazione poteva essere usata come stazione di stoccaggio oppure poteva essere smontata, caricata su di un cargo di classe TL e trasportata presso un altro asteroide, dove avrebbe ricominciato il suo ciclo di estrazioni. Le miniere che venivano utilizzate al momento nell'intero Commonwealth (i Terrestri continuavano a preferire la raccolta manuale o automatizzata tramite cargo o droni minatori) erano basate sugli stessi modelli del passato, riconvertiti in modo da essere smontate e riutilizzate da altre parti grazie all'ingegno di un team di architetti e ingegneri Argon-Boron che aveva perfezionato le metodiche di costruzione di quei complessi e avevano sviluppato nuove leghe polimeriche a base di Teladianium, utilizzate anche sulle altre stazioni per il costo contenuto e l’alta durabilità del materiale.
Quando attraccarono alla stazione, il messaggio di benvenuto preregistrato disse loro che il Duca Sacerdote li salutava, i Paranid erano una razza superiore, “trullallero-trullallà il Sacerdote ascenderà”, e altre boiate dettate da una religione malata come quella dei Paranid. Incrociando le dita, dato che volare di stazione in stazione senza avere il “localizzatore di vendite e acquisti migliori” dei Teladi era una vera e propria rottura, Ted aprì la lista dei contratti delle merci acquistate dalla stazione in quel momento: fece un balzo sulla sedia e quasi sfiorò i pulsanti e gli interruttori che si trovavano sulla paratia sopra la sua testa, tanta era la sorpresa per un evento così fortuito!
Nei contratti di acquisto attualmente offerti dalla stazione, sopra tutti gli altri ne svettava uno alquanto succulento: integrata nel contratto commerciale c’era alcune righe di briefing da parte del senior buyer della stazione, il quale spiegava che, dato l’incremento della domanda di cristalli nei settori principali Paranid, la stazione desiderava fare il pieno di energia, più una scorta aggiuntiva da utilizzare in caso di ulteriori aumenti della domanda di wafer di silicio. Desideravano raggiungere la quota di quarantacinquemila celle di energia, consegnabili alla stazione con un unico carico o più giri, dato che avevano fissato l’incremento di produzione tra due giorni. Erano disposti a pagare ben venti crediti per ogni cella di energia consegnata, un prezzo che solitamente veniva fissato nelle stazioni appena costruite e coi magazzini ancora completamente vuoti.
Pur sapendo che non sarebbe riuscito a consegnare le restanti ventisettemila celle di energia, dato che non aveva idea se sarebbe riuscito nuovamente a trovare delle celle di energia in vendita a due crediti l’una, decise di vendere tutte quelle che aveva sul cargo al momento, in modo da avere un alto e sicuro guadagno. Comunicò al computer commerciale della stazione che voleva vendere un carico di celle di energia a venti crediti l’una e, dopo qualche secondo, ottenne il via libera. I droni della stazione uscirono e, entrando nella stiva della nave tramite un piccolo boccaporto sul fianco destro, presero la merce e la trasportarono all'interno dei magazzini della stazione.
Quando le celle furono tutte trasportate e alloggiate all'interno della stazione, il computer della stazione segnalò che le merci erano arrivate e che il pagamento era in arrivo. Pochi secondi dopo, infatti, il computer della nave di Ted registrò il transito della somma di denaro e pochi istanti dopo il suo TransMat emise un suono e sul monitor apparve la somma di denaro che era stata accreditata e quella totale. Vedendo quella cifra, il ragazzo capì di aver fatto un colpo grosso, anzi grossissimo, il segno che la sua avventura nell'Universo X non era destinata a finire in miseria e solitudine.
Sul suo dispositivo di pagamento erano stati accreditati trecentosessantamila crediti e, tra tasse e baggianate fiscali locali, aveva sul conto circa settecentomila crediti. Facendo un breve calcolo mentale, trecentosessantamila crediti di guadagno meno i trentaseimila spesi per l’acquisto della merce, Ted aveva ottenuto un guadagno di trecentoventiquattromila crediti, una cifra niente male alla prima transazione economica effettuata da privato cittadino. Felice, Ted chiuse il collegamento con il computer della stazione e si allontanò da essa.

Siccome si era fatto pomeriggio e tutti e due avevano consumato una colazione leggera all'alba, decisero di andare allo spazioporto di Confini della Federazione, la prima stazione costruita dopo il grande attacco Kha'ak, per fare pranzo nel pub Junky Floot, un locale che offriva specialità terrestri preparate con ingredienti del Commonwealth, una sorta di Little Italy dove gli Argon avevano riscoperto e si erano nuovamente innamorati della pizza, gli spaghetti e le altre prelibatezze da gourmet.
Per raggiungere Confini della Federazione, furono costretti a passare per Terra di Luce, dato che il portale sud di La Muraglia era momentaneamente utilizzato da un piccolo contingente di capital Argon-Boron, esercitazioni militari che sarebbero durate fine al giorno dopo. Impostarono manualmente la rotta, in modo che non prendesse in considerazione il portale sud, e diedero energia ai motori, dirigendosi verso Argon Prime, e successivamente verso Terra di Luce, il quartier Generale della Terracorp Corporation.
Arrivati a Terra di Luce, accaddero così tante cose e così velocemente che sia Ted che Jordan rimasero momentaneamente imbambolati, come conigli accecati dagli abbaglianti di un’auto: uno sciame di Kha'ak stava sfrecciando vorticosamente attorno al portale dal quale erano appena entrati, bersagliando coi loro laser violacei le piccole navi civili che tentavano invano di fuggire da quel turbine di morte. Le navi Kha'ak erano di forma piramidale con riflessi violacei che le rendevano ancor più aliene e anche l’unico propulsore che permetteva loro di librarsi nello spazio come colibrì aveva un colore bianco-violaceo.
Mentre Ted si riprendeva dallo shock iniziale e dava massima energia ai propulsori e all'acceleratore per fuggire da quel delirio di fasci di luce mortale, un intercettore nemico, poco prima di essere distrutto dalle navette della polizia che intanto erano sopraggiunte, riuscì a sparare un colpo all'indirizzo della Tuna. Gli scudi riuscirono ad assorbire l’energia ma la pressione esercitata dal laser aveva fatto saltare i collegamenti dei propulsori, immobilizzando di fatto la nave. Solo i razzi di manovra laterali e verticali funzionavano ancora.
Muovendo la nave su e giù e a destra e sinistra per evitare di rimanere di fare da bersaglio fisso e attirare il fuoco nemico, Ted riuscì ad allontanarsi di circa cinquecento metri, abbastanza affinché i nemici li ignorassero e concentrassero il fuoco sulle navette della polizia. Nel frattempo, cercando di essere rapido come una saetta e preciso come un chirurgo, nel pannello di controllo ausiliario che serviva a regolare l’afflusso di energia ai vari sistemi della nave nel caso che l’energia venisse a mancare in uno o più sistemi. Ci mise solo pochi minuti, dato che sapeva dove mettere le mani e aveva studiato alla perfezione i tipi di sistemi che aveva installato sulla nave: deviò parte dell’energia delle armi ai propulsori e, a velocità ridotta, si allontanarono dal campo di battaglia, sospirando di sollievo per il pericolo scampato. Jordan era così competente nel suo campo che, molto probabilmente, sarebbe riuscito a far funzionare alla perfezione un jumpdrive con la sola energia di una pila a bottone.
Mentre si rilassavano e lasciavano che la tensione accumulata in quegli intensi attimi di terrore scemasse, Ted si rese conto di una cosa ovvia: lui era un buon mercante e mediatore, Jordan era un ottimo meccanico ed esperto dei sistemi elettronici delle navi. Entrambi, erano in grado di far marciare al duecento percento la Tuna, e la loro fuga miracolosa di poco prima ne era la prova. Perché non mettersi insieme e far fruttare queste loro grandi potenzialità?
Condivise la sua idea con Jordan e, dopo qualche attimo di titubanza, il meccanico accettò molto volentieri. D'altronde, che cos'aveva da perdere? Una vita di fatiche e miseria all'insegna dell’anonimato mentre l’Universo veniva fatto senza che lui potesse esserne partecipe? Meglio un bagno in una supernova che una vita simile.
E così, Ted e Jordan si misero in società, condividendo tutto al cento percento, dato che stavano cominciando a conoscersi e avevano capito che ci si poteva fidare l’uno dell’altro. Insieme, partirono alla volta delle infinite distanza cosmiche, guadagnando denaro, rispetto e notorietà in un mondo folle ed egoista dove questi “attributi” contavano più della bontà delle persone.
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Post by elbobosonriente » Fri, 24. Jun 16, 11:50

Spero che questo racconto (e quelli che seguiranno) vi piacciano, dato che ho preferito sacrificare i dialoghi in favore di una più dettagliata descrizione della vita sulle stazioni, l'economia, la politica e tutte quelle altre cose che farebbero schiattare di gioia un burocrate (compreso me).
Spero che non sia troppo noioso, perché ho voluto scriverlo come se fosse un articolo di giornale un po romanzato.
Se vedete degli errori, o qualcosa non vi piace, non siate avari di commenti e critiche, così riesco a capire se il mio stile di scrittura va bene per raccontare qualcosa oppure sembra quello di un manuale tecnico.
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Post by ADAM79 » Fri, 24. Jun 16, 18:08

"Era da molto tempo, forse due o tre anni, che Ted Malonni, il figlio del proprietario dell’Allevamento di Bestiame “Stalle nelle Stelle” nel settore La Tana, Miguel Malonni, si sentiva irrequieto...." - Troppe virgole, a mio parere. Così è poco scorrevole quando si legge.

"Un bel giorno, il padre chiamò il figlio..." - Eviterei l'espressione "Un bel giorno"... mi sembra ridicola.

"Il giorno dopo il giorno del suo licenziamento ufficiale...." - "Il giorno dopo il giorno" non si può sentire! Secondo me, sarebbe bastato "Il giorno dopo il suo licenziamento"... si capisce cmq ed è più scorrevole.


Queste sono le cose che mi sono saltate subito all'occhio. A parte questo, mi sembra abbastanza scorrevole e piacevole da leggere.

Oh! Chiaramente sono osservazioni da profano eh! Valuta tu.... ;)

Edit: Dimenticavo, non si capisce perchè l'hai chiamato "Diario". Non è un diario.

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Post by elbobosonriente » Tue, 28. Jun 16, 00:14

Ecco, tolte alcune virgole (ma non troppe, altrimenti mi sento nudo) nella parte iniziale del racconto e sistemato "il giorno dopo il giorno" (non mi ero accorto di aver scritto un obbrobrio simile).
Adam, l'ho chiamato diario per via delle righe iniziali del racconto, proprio le prime quattro, impostante appunto come un diario di bordo di una nave spaziale. Effettivamente, chiamare diario il racconto solo per quelle quattro righe può sembrare alquanto illogico (grazie, Mr. Spock), ma chiamare la raccolta di racconti "le avventure del comandante Ted Malonni" mi pareva troppo "semplice" per qualcosa che avviene nello Spazio, mi dava l'idea di un racconto rurale come quelli di Tom Sawyer o la saga di Mondo Piccolo di Guareschi.
In quanto alle troppe virgole che rendono lenta la lettura, è una cosa che mi viene istintiva: io leggo molto lentamente, misurando parola per parola, quindi mi viene naturale scrivere dando un ritmo lento alla lettura. In futuro cercherò di impostare il testo per dargli un andamento più leggero al testo, ma, data la mia testardaggine nanica su certe abitudini, credo che, di tanto in tanto, qualche virgola mi scapperà di sicuro (le ultime righe zeppe di virgole ne sono una prova).
Spero di scrivere a breve il prossimo racconto.

p.s. il secondo racconto, quando l'avrò finito, vorrei aggiungerlo al testo del mio primo messaggio di questo Topic. Mi conviene aggiungerlo come risposta ai messaggi di sotto, oppure va bene così?
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Post by ADAM79 » Tue, 28. Jun 16, 15:33

Mi sa che mi sono spiegato male.
ADAM wrote: "Era da molto tempo, forse due o tre anni, che Ted Malonni, il figlio del proprietario dell’Allevamento di Bestiame “Stalle nelle Stelle” nel settore La Tana, Miguel Malonni, si sentiva irrequieto...." - Troppe virgole, a mio parere. Così è poco scorrevole quando si legge.
Intendevo dire che, secondo me, hai "nidificato" (termine informatico) un po' troppo. Troppa roba in un unico periodo.

Secondo me, come l'hai scritto tu, si legge un po' così:

Era da molto tempo,
-->forse due o tre anni,
---->che Ted Malonni,
------>il figlio del proprietario dell’Allevamento di Bestiame “Stalle nelle Stelle”
-------->nel settore La Tana,
---------->Miguel Malonni,
si sentiva irrequieto....

Invece, secondo me, "suona meglio" tipo così:
"Era da molto tempo, forse due o tre anni, che Ted, figlio di Miguel Malonni, proprietario dell’Allevamento di Bestiame “Stalle nelle Stelle”, si sentiva irrequieto...." - Ma anche così c'è un po' troppa roba....


E' vero, "Le avventure di..." fa l'effetto che dici tu, Diario c'entra poco... "Cronache dell'universo di X"?


Secondo me è meglio se dividi in più post. Magari metti un po' di formattazione all'inizio di ogni post per renderne più facile l'identificazione. Tipo "Capitolo 1 - Parte 1" scritto in giallo grassetto e centrato... Capitolo 1 - Parte 2, ecc ecc.

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Post by Tolihama » Tue, 28. Jun 16, 17:40

elbobosonriente wrote:p.s. il secondo racconto, quando l'avrò finito, vorrei aggiungerlo al testo del mio primo messaggio di questo Topic. Mi conviene aggiungerlo come risposta ai messaggi di sotto, oppure va bene così?
ADAM79 wrote:Secondo me è meglio se dividi in più post. Magari metti un po' di formattazione all'inizio di ogni post per renderne più facile l'identificazione. Tipo "Capitolo 1 - Parte 1" scritto in giallo grassetto e centrato... Capitolo 1 - Parte 2, ecc ecc.
Sono d'accordo con Adam.
Al più, se ritieni sia il caso di avere tutti i racconti uniti insieme da qualche parte in quanto legati da un filo logico o narrativo, puoi fare sia un nuovo post, sia un edit del primo. In questo modo fai sì che il topic venga uppato e contemporaneamente tieni insieme tutti i racconti nel primo post.

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Post by elbobosonriente » Fri, 1. Jul 16, 01:12

Intendevo dire che, secondo me, hai "nidificato" (termine informatico) un po' troppo. Troppa roba in un unico periodo.
E' vero, c'è tanta roba in un solo periodo, ma il fatto è che a me i periodi corti mi danno l'idea di un testo frammentato, invece quando mi ritrovo davanti agli occhi un periodo lungo leggo liscio come l'olio.
E' vero, "Le avventure di..." fa l'effetto che dici tu, Diario c'entra poco... "Cronache dell'universo di X"?
Per il titolo sono ancora indeciso. Semmai lo cambierò più avanti.

A proposito, come si fa a centrare il testo? Ci sono dei comandi da qualche parte oppure bisogna centrarlo pigiando tante volte SPAZIO?
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Post by Tolihama » Fri, 1. Jul 16, 07:51

elbobosonriente wrote:A proposito, come si fa a centrare il testo? Ci sono dei comandi da qualche parte oppure bisogna centrarlo pigiando tante volte SPAZIO?
No, che io sappia in questo forum non c'è la possibilità di formattare la disposizione del testo; anche utilizzando spazio, il risultato non cambia e il testo verrà comunque disposto a sinistra. Al più si possono usare i tag list che "accentrano" il testo, ma non è la stessa cosa (corrispondono agli elenchi, numerati e non, utilizzati negli elaboratori di testo).
Ti suggerirei pertanto di limitare la formattazione a quel che permette il forum, senza troppe pretese. ;)

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Post by ADAM79 » Fri, 1. Jul 16, 19:18

Ero convinto che ci fosse il modo per centrare.... :gruebel:

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Post by elbobosonriente » Sun, 17. Jul 16, 15:38

Aggiunto il secondo capitolo. Scusate l'attesa, ma ultimamente c'erano problemi di connessione e nel frattempo stavo scrivendo altri racconti (un ebook a pagamento di tutt'altro genere). Questo racconto è più lungo dell'altro perché, avendo superato il periodo di depressione "post perdita di lavoro", aveva tanta voglia di scrivere, ma tanta voglia da essere logorroico. Ho colorato in giallo i titoli dei capitoli (ora sono riuscito a inserire bene i tag).
Spero che vi piacciano. Buona lettura e speriamo che la fantascienza non rimanga fanta ancora troppo a lungo.
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Post by elbobosonriente » Fri, 22. Jul 16, 12:51

II

Diario del comandante Ted Malonni,
Spazioporto Commerciale Argon SC0AP-02
Argon Prime
25 Maggio 3016 – 18:42



Sembrava che il sogno di Ted fosse destinato a rimanere tale, come se l’Universo non fosse d’accordo con tale decisione. Infatti, dopo essere sceso dalla navetta che l’aveva condotto allo Spazioporto Commerciale di Argon Prime era stato subito raggiunto da un borseggiatore che, rapido da far paura, aveva subito posato le sue manacce lerce sulla piccola borsa supplementare che portava a tracolla, un piccolo zainetto nel quale aveva infilato alcune provviste, calzini e mutande extra e alcuni prodotti per la cura del corpo. Non appena sentì che qualcuno stava strattonandolo da dietro, si volse un gufo e incollò una sberla sulla faccia del miserabile, ma l’intervento di un secondo farabutto lo colse impreparato. Ted, impotente, vide la sua borsa dileguarsi tra la folla che intasava le bancarelle di prodotti generici del ponte nel quale si trovava.
Andò subito a denunciare il fattaccio all'ufficio di sicurezza della stazione, ma gli agenti avevano già molto lavoro e problemi ancor più gravi del suo: gli venne detto che furti di quel genere erano da tempo pratica assai diffusa sulla maggior parte degli spazioporti della Federazione, per colpa di infiltrazioni di clan pirata e Yaki nei posti di comando, cosa che aveva permesso alla feccia di rialzarsi e godere di un’aura di intoccabilità che non veniva neppure concessa ai cittadini onesti. C’era di mezzo anche il presidente della Federazione e i suoi biechi collaboratori, ma le guardie lo pregarono di non dire a nessuno che erano state loro a informarlo di questi fatti tremendi, dato che la nuova amministrazione era alquanto permalosa e capace di mandare allo sfacelo migliaia di famiglie per pura ripicca. Saputo questo, sconsolato ma non incline ad arrendersi davanti a quattro cretini dalla mano lesta, Ted proseguì per la sua strada.
Girovagando per i vari ponti dello spazioporto, Ted individuò una serie di negozi e bancarelle che vendevano equipaggiamenti base per piloti, perlopiù kit di pronto soccorso, aggiornamenti commerciali locali, mappe di navigazione e strumenti per le riparazioni di emergenza in volo. Dallo Split che gestiva la bancarella degli strumenti per le riparazioni, un essere repellente e sgarbato dal nome impronunciabile, acquistò un laser di riparazione tascabile, un palmare dotato di scanner per il controllo danni manuale dello scafo e dei sistemi e un manuale che spiegava come e dove agire nel caso di danni più o meno gravi. Nella bancarella degli equipaggiamenti per piloti, gestita da un Argon che rispondeva al nome di Nik Porter, comperò un paio di tute spaziali, una bombola di ossigeno con maschera (da utilizzare nel caso di atmosfera assente all'interno di una nave), un paio di V-Glass che permettevano di avere la visuale in diretta delle telecamere superiori, inferiori, laterali e posteriori delle navette cargo (anche caccia e capital avevano telecamere di quel tipo, ma erano trasmesse direttamente sui monitor senza l’ausilio di altri attrezzi). C’era anche altre bancarelle sul ponte, ma si trattava perlopiù di oggetti ludici, gioielli Paranid, cd musicali con le tracce delle orchestre jazz dei Teladi e altre chincaglierie utili solo come zavorra.
Dopo aver visto che anche negli altri ponti non c’era nulla di interessante da comprare, decise che era arrivato il momento di chiudere definitivamente con la sua vecchia vita, e per farlo aveva bisogno di un veicolo tutto suo. Al ponte d’attracco, vide un cartellone pubblicitario che parlava di una navetta gratuita che, ogni ora, faceva la tratta dallo spazioporto al cantiere e viceversa: un vero colpo di fortuna, dato che, avendo all'incirca quattrocentomila crediti, doveva stare attento alle spese se voleva comprarsi una nave degna di tale nome. Mancavano circa quaranta minuti all'arrivo della navetta, quindi fece passare il tempo chiacchierando con gli Argon presenti alla banchina, parlando del più e del meno e chiedendo informazioni sull'andamento dell’economia e del commercio, mentre teneva gli altri sensi all'erta per evitare di farsi fregare nuovamente da qualche ladruncolo cerebroleso.

Dopo un viaggio scomodissimo sulla minuscola e sgangherata navetta offerta dalla Mutua Argon Agenzia, arrivò sul cantiere e, seguendo le indicazioni sui cartelli e i tabelloni multimediali, si diresse agli uffici commerciali, una gigantesca sala attrezzata di bancarelle, tavoli e sedie dove chi aveva da vendere qualche nave, affittava una bancarella o pagava solamente la tassa d’entrata e stava a gironzolare lì dentro con la speranza di trovare qualche pol… Possibile acquirente con una somma ragionevolmente alta di crediti da spendere (e poi dicono che sono solo i Teladi quelli avidi).
Fece un giro tra i mercanti che illustravano i pregi e le caratteristiche delle navi in vendita ma, nonostante le navi sembrassero in ottimo stato, i prezzi non lo erano affatto: si passava da due milioni di crediti a ottocentomila crediti, e questo solo per i cargo a corto raggio, quelli lenti e con le stive così poco capienti da che nessuna stazione o mercante avrebbe voluto stipulare accordi commerciali per partite di merci così esigue. Certo, quei cargo erano di ultima generazione e con tanti software e comodità da sembrare villette volanti, ma Ted stava cercando qualcosa che gli permettesse di recuperare la somma spesa e fare ulteriori guadagni. Adocchiò un mercante che stava vendendo un cargo in buono stato e con la stiva capiente, circa diecimila unità di stock, ma la voce e l’aspetto del venditore gli fecero capire che quel tizio non era molto raccomandabile, e molto probabilmente la nave in vendita o era un catorcio o non esisteva affatto.
Non trovando nulla che lo soddisfacesse o fosse alla portata delle sue tasche, sconsolato si avviò verso l’uscita dall'altra parte della sala, attraversando lunghe fila di bancarelle, venditori urlanti e clienti che ondeggiavano da una parte all'altra, rendendo alquanto difficoltoso camminare senza urtare qualche passante un po’ addormentato. Aveva intenzione di tornare allo spazioporto e, per cinquecento crediti, affittare un posto letto nel dormitorio pubblico della stazione, in modo da passare la notte in un posto che non fosse una panchina o un corridoio isolato. Sarebbe tornato al cantiere il giorno dopo, sperando di trovare altri mercanti con merce più interessante.
Mentre si trovava a circa cento metri dall'uscita, sentì una mano dalla strana consistenza picchiettargli sulla spalla. Temendo un nuovo tentativo di furto, Ted si voltò di scatto coi pugni alzati, pronto a darle di santa ragione. Un essere verde, dalla pelle coriacea e squamosa, alto circa un metro e settanta stava facendo segno che voleva parlargli, ma appena vide i pugni alzati e l’espressione risoluta di Ted, si raggomitolò su sé stesso e chiese non gli fosse fatto alcun male, che aveva figli, moglie e tasse da pagare. Era un Teladi, i più astuti commercianti di X, capaci di ottenere profitto anche nel mondo dei sogni, vendendoli a chi non aveva fantasia per farsene di propri.
Vedendo che l’essere raggomitolato non sembrava intenzionato a derubarlo e anzi stava facendo cenno che voleva parlargli, Ted abbassò i pugni e gli chiese cosa volesse. Il Teladi non perse tempo e, come rinvigorito da una scarica elettrica di alta tensione, si raddrizzò e cominciò con le presentazioni: si chiamava Goulianis Limanusat Teorobis IV, chiamato Guliano dagli amici e dai clienti più affezionati, ed era un famoso venditore di navi e prodotti hi-tech, tutti rigorosamente certificati e di qualità. Aveva visto che Ted sembrava interessato ai cargo mercantili e, guarda caso, aveva un Mercury in vendita, in buono stato, con poche riparazioni marginali da effettuare, software aggiornati e prezzo trattabile, ma si trattava di un’offerta limitata, dato che molti suoi clienti desideravano quell'articolo e solo chi fosse stato abbastanza saggio da concludere l’affare si sarebbe aggiudicato il mezzo.
Siccome Ted non voleva spendere tutto quello che aveva per una sola nave, disse di poter acquistare il veicolo a un prezzo non superiore ai centomila crediti, e Guliano, furbo come solo un Teladi era in grado di essere, abbassò il prezzo a settantacinquemila crediti per tentare ancor di più il suo cliente. Ted cominciò a pensarci un po’ su, alquanto stupito dal fatto che Guliano avesse abbassato di un quarto il prezzo che aveva proposto, dato che, da quel che aveva sentito dai lavoratori della stazione di suo padre e i vari programmi di cultura generale, i Teladi non erano gente disposta a farsi scappare il profitto, al punto che avrebbero rischiato la vita anche per trasportare due celle energetiche da Armatura Verde a Seizwell. Che ci fosse qualcosa sotto?
Tentennando un po’, dato che si trattava di un investimento importante, Ted rimase un po’ taciturno, grattandosi il mento, cercando di capire quale fosse il modo migliore di agire, senza sembrare troppo insicuro e indeciso, col rischio di far capire al venditore di non avere bene le idee chiare e farsi fregare con improvvisi aumenti di prezzo oppure offerte apparentemente vantaggiose, ma che, a guardarle ben bene col lanternino, erano tutto fuorché vantaggiose. Stette appena un minuto a pensare, soppesando i rischi e valutando i vantaggi.
Proprio mentre stava per comunicare a Guliano la decisione di pensarci su una notte e continuare la trattativa il giorno dopo, ecco apparire da dietro le spalle di Ted un Argon sui cinquant'anni, spelacchiato come un gatto litigioso e con alcuni chili di troppo a gravargli sulle ossa. L’Argon si diresse verso Guliano e, con fare interessato visto che aveva sentito la conversazione avvenuta tra i due, chiese se la nave fosse ancora in vendita, dato che aveva bisogno di un Mercury per commerciare celle di energia, acqua e bistecche Cahoona nei settori limitrofi della Federazione, terre di facili guadagni grazie all'avanzare delle guerre civili e razziali e alla diminuzione di mercanti disposti ad avventurarsi in quelle “zone tiepide”.
Allarmato, dato che quella poteva essere la sua unica occasione di ottenere un Mercury a meno della metà del suo prezzo di vendita, Ted si fece avanti e comunicò la sua decisione: affare fatto! Guliano disse all'Argon, Marcus, di non prendersela troppo a male e di ritornare il giorno dopo per tentare la sorte, dato che con lui, Guliano, fioccavano nuovi sorprendenti affari ogni giorno. Con un sorriso un po’ malinconico e rassegnato, Marcus uscì a testa bassa dalla sala, con un tal dispiacere nello sguardo che Ted, per un istante, fu tentato di rivedere la sua decisione e lasciare che fosse l’Argon a prendersi la nave. Poi la sua necessità di ottenere un veicolo commerciale per rendersi indipendente da stazioni e datori di lavoro tornò a bussare alla periferia della sua mente, e quindi Ted tacque, tenendosi per sé il suo agognato cargo mercantile.
Felice, Guliano si complimentò con Ted per l’ottimo acquisto, segno inequivocabile di una persona saggia, sveglia e con un senso degli affari innato, e altri salamelecchi verbali dello stesso calibro. Ted prese il suo palmare TransMat, un sorta di piccolo Tablet che permetteva di effettuare transazioni economiche digitali, e impostò nella sezione transazioni la cifra di settantacinquemila crediti e attivò l’opzione “riconoscimento dispositivo vicino”, in modo che, non appena Guliano avesse attivato il suo dispositivo e Ted avesse effettuato il riconoscimento tramite impronta digitale sul dispositivo ricevente, i soldi sarebbero transitati sul conto del venditore in modo sicuro, senza disguidi o accrediti accidentali a conti differenti.
Guliano prese il suo dispositivo ma, per qualche strana ragione, non riuscì ad accedere alla sezione delle transazioni economiche e attivare la ricezione dei crediti. Fece numerosi tentativi, anche riavviando il dispositivo e modificando le impostazioni, ma non ci nulla da fare, dato che il dispositivo continuava a non voler funzionare da galantuomo. Il Teladi, dopo averci riprovato un’ultima volta, disse a Ted che l’unica opzione di transazione economica che pareva funzionare era quella delle donazioni, e qui il ragazzo ebbe un dubbio: le normali transazioni economiche venivano registrate sui server commerciali della finanza e, a fine mese, il Dipartimento dell’Economia e delle Transazioni calcolava le tasse da pagare in base al numero e alla consistenza delle transazioni, le inviava sotto forma di nota di avvertimento ai dispositivi dei commercianti, così che potessero dare il via libera tramite impronta digitale a prelevare le tasse direttamente dai conti, evitando così sanzioni o multe a causa di ritardi o disguidi. Le donazioni, a differenza delle transazioni, non erano tassate e venivano registrate nei server solo per ventiquattro ore, dopodiché venivano cancellate e non se ne sapeva più niente (chi aveva progettato il sistema, evidentemente, o era in malafede oppure non aveva idea che qualcuno potesse utilizzare le donazioni per scopi malevoli). Stava per dire no, quando vide che il dispiacere di Guliano era reale, privo di cattive intenzioni. Accettò e inviò il denaro.
Guliano diede al ragazzo la chiave per accedere al cargo, una sorta di mezza sfera dalla cui parte piatta partivano due cilindri dodecagonali di cristallo energetico, insieme a un piccolo manuale cartaceo che illustrava le caratteristiche del Mercury, i componenti propri di quella categoria di cargo, la storia sulla progettazione, le specifiche tecniche utili per le riparazioni e schemi e schemi di cifre e numeri che servivano ai meccanici specializzati a calibrare i vari software e sensori senza correre rischi o causare danni. Il Teladi disse a Ted di andare all'attracco 2 del ponte 7, dove si trovava la sua nuova nave, mentre nel frattempo lui sarebbe andato agli uffici commerciali per dichiarare la somma di denaro ricevuta. Ted annuì, prese le chiavi e si diresse verso il suo futuro.

Quando arrivò nei pressi dell’attracco, un forte dubbio cominciò a insinuarsi dentro di lui e, non appena varcò il portellone a chiusura ermetica, divenne una terribile certezza: era stato truffato, pigliato per i fondelli, derubato del proprio denaro. La sua avventura era cominciata da appena due giorni, quasi tre, ed era stato già fregato due volte, e per di più nello stesso giorno? Era forse destino che la sua “avventura” fosse solo quella di essere fregato come un pivello?
Quell'hangar aveva un’aria dismessa, quasi fatiscente, e molto probabilmente era un accesso di servizio utilizzato dai tecnici o in caso di emergenze. Infatti, dopo aver fatto pochi passi, venne fermato da un meccanico che gli chiese se fosse suo il Mercury attraccato in quell'area riservata e, se fosse stato suo, avrebbe dovuto fornire delle spiegazioni convincenti per non pagare una multa per attracco abusivo e ostruzione di vie di emergenza fondamentali. Ted rispose che aveva appena comprato quel Mercury ed era stato il venditore Teladi a dirgli di andare in quell'hangar per prendere in consegna la sua nuova nave. Il meccanico cambiò tono e si fece dire cos'era successo: con voce comprensiva, il meccanico disse che era stato fregato in maniera clamorosa, e invitò il ragazzo a vedere il suo “mirabolante Mercury che necessitava di giusto due lavoretti di manutenzione”.
Il Mercury che aveva pagato la bellezza di settantacinquemila crediti era in queste condizioni: lo scafo era molto danneggiato ed erano evidenti bruciature causate da laser, piccoli graffi e fori di armi a proiettile e chiazze di ruggine lungo le linee sensibili, come lo scheletro della struttura e le cerniere rinforzate degli oblò di servizio e dei portelli. Dopo alcuni controlli con le sue apparecchiature di analisi, il meccanico scoprì che la velocità massima dei motori installati, un modello piuttosto obsoleto per quel tipo di cargo, era di appena ventisette metri al secondo, l’accelerazione era progressiva e non istantanea, mentre i razzi direzionali erano gli unici che funzionavano a dovere. L’ats era stato rimosso, così come il jumpdrive, mentre la stiva non aveva subito modifiche di sub-compressione e poteva portare un massimo di tremila unità. La sala di pilotaggio, una sorta di sgabuzzino con due sedili pigiati contro la vetrata rettangolare di osservazione, era sprovvista dei più basilari sistemi: per esempio, il software di navigazione mk1 era danneggiato al punto da essere irrecuperabile, i software di commercio non erano installati, ma almeno il sistema di controllo manuale della torretta pareva a posto… Peccato che la torretta fosse così danneggiata da sembrare l’ugello di una pompa per innaffiare la soja Paranid, cosa che lasciava intendere che la capacità di fuoco della stessa fosse meno potente addirittura di uno sternuto di un poppante.
Mentre controllava la stiva alla ricerca di altri danni, il meccanico fece una scoperta incredibile: nascosto in una parete sul fondo della stiva, nascosto da un pannello di acciaio, trovò un dispositivo che pareva assai costoso e complesso, e, dopo averlo guardato con attenzione, rimase senza parole. Credeva che si trattasse solo di una leggenda diffusa da qualche ciarlatano, eppure la prova era davanti ai suoi occhi! Si trattava del famigerato Espansore Quadrimensionale, nome un po’ brutto e poco scientificamente poetico datogli da un docente dell’Università di Scienze Generali di Argon Prime, ma pur sempre preferibile alla banale frase “l’interno è più grande dell’esterno”.
Il meccanico mostrò a Ted e disse che il Teladi, e molto probabilmente anche il complice Marcus (il Teladi aveva chiamato per nome Marcus, anche se questi si era rivolto a lui dando l’impressione di non conoscerlo) non si erano accorti che stavano trasportando un tesoro, un prototipo di un dispositivo mai entrato in produzione per via dei prezzi proibitivi dei componenti principali, altrimenti non avrebbero perso tempo a smontarlo e venderlo al mercato nero. Se Ted avesse venduto quel dispositivo, avrebbe ricevuto ben più dei settantacinquemila crediti spesi per quella scatoletta di tonno rugginosa: molto probabilmente avrebbe ricevuto tanti di quei soldi da potersi permettere una Capital di classe Valhalla equipaggiata col massimo di scudi e armi… Ovviamente, se fosse riuscito a venderlo di nascosto, dato che la Federazione, ultimamente, era divenuta assai ingorda in fatto di denaro e tecnologie.
Vedendo il dispiacere di Ted, il quale si era visto privato dell’unica via per raggiungere i suoi desideri, il meccanico ebbe pietà: anche lui da giovane, un ragazzino lentigginoso di nome Jordan Kwusaraki (un cognome che aveva fatto ridacchiare non poco i babbei incontrati a scuola), era stato fregato da qualcuno che credeva degno di fiducia, prestando al sedicente amico una somma di denaro con la promessa di farsela restituire entro un anno (ovviamente senza interessi, data la bontà di Jordan). Alla fine, il miserabile non si era fatto più vivo e Jordan aveva visto volare via i suoi soldi assieme alla possibilità di investire nel suo futuro, con la conseguenza che ora, a trentatré anni, era solo un meccanico relegato per tutta la vita su una stazione per colpa della sua carenza di liquidità. Per questo, decise di aiutare Ted a rimettere a nuovo il Mercury con i pezzi di ricambio abbandonati nelle varie officine sparse lungo tutto il cantiere, cosa che non avrebbe causato problemi legali a nessuno, dato che sulla stazione c’era talmente tanto materiale inutilizzato da rimettere a nuovo un’intera flotta militare dopo una dura battaglia.
Siccome non si erano ancora presentati per tutte le scoperte che si erano susseguite in quei pochi minuti, Ted e Jordan si strinsero la mano e si presentarono, dicendo chi erano, cosa facevano e cosa avrebbero voluto fare in futuro. Dopo aver compiuto tutte queste operazioni, i due si misero all'opera: Jordan cominciò a svitare bulloni e controllare l’integrità della struttura portante, mentre Ted, seguito e consigliato dal meccanico, cominciò a rimuovere i vari dispositivi elettronici dalla sala di pilotaggio e li mise disposti su un tavolo d’acciaio che si trovava appena oltre la piazzola d’attracco, nell'officina, dove Jordan li avrebbe controllati per capire se erano completamente inutilizzabili o se fosse possibile recuperare qualche componente elettrico per i lavoretti futuri.
Insieme, cominciarono a dare un volto più decente a quella scatoletta di tonno che Guliano, con l’inganno, aveva scaricato tra le braccia di Ted. Chissà, forse il Teladi, vendendogli quel catorcio con al suo interno l'Espansore Quadrimensionale aveva fatto meno danni di quel che credesse. Forse, così facendo, aveva fatto in modo che Ted ottenesse quel che voleva: un modo per fuggire da quella prigione ideologica e non rendere permanenti i vincoli che lo tenevano incatenato troppo a lungo in un solo posto.
Last edited by elbobosonriente on Mon, 25. Jul 16, 15:09, edited 1 time in total.
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Post by ADAM79 » Fri, 22. Jul 16, 19:27

Che dire... fantasia ne hai! Sembra quasi di essere li... :)

Ovviamente immagino che quello che scrivi qui sia molto di getto e non revisionato.

Non sono un tipo che legge molto, come avrai notato, c'è voluto un po' prima che mi prendesse bene di leggere un post così lungo...

Ti consiglio di mettere qualche riga vuota qua e la (ovviamente non a casaccio) per staccare un po' il testo e migliorarne la lettura... almeno qui sul forum. Testo bianco su sfondo nero... dopo un po' resti flashato... :shock:

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Post by elbobosonriente » Mon, 25. Jul 16, 15:17

Sì, scrivo quel che mi viene in mente al momento e do una seconda occhiata per trovare eventuali sviste come incongruenze, errori di battitura (rileggendo se ne trovano sempre di nuovi).
Ho messo degli spazi tra i periodi che mi sembravano meno collegati tra loro, in modo da non far sembrare il testo troppo "staccato".

Edit: mi sono dimenticato una cosa. Le storie che scrivo non sono collegate direttamente alla trama di X, infatti date e avvenimenti non coincidono con la cronologia creata dallo staff della Egosoft, ma è una sorta di mondo parallelo (infatti nell'anno che ho inserito all'inizio dei racconti, teoricamente dovrebbero già essere avvenute le vicende di Albion e lo spegnimento dei portali, mentre io continuo a basarmi sulla mappa di Terran Conflict. Lo so, sono un nostalgico dei settori con descrizioni).
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Post by ADAM79 » Tue, 26. Jul 16, 15:04

Già va meglio.... ;)

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Post by elbobosonriente » Sun, 31. Jul 16, 14:46

III

Diario del comandante Ted Malonni,
Mercury “Little Tuna” MA4US-32
Argon Prime (Direzione: La Muraglia)
26 Maggio 3016 – 9:12



Erano in viaggio sul Mercury diretti verso La Muraglia, per acquistare un carico di celle di energia da rivendere a un buon prezzo, pilota automatico attivo e ats disinserito, poiché avevano smanettato tutta la notte attorno al cargo, tagliando e saldando i pannelli di Teladianium che avrebbero sostituito le pareti di semplice acciaio inox multistrato mezze disintegrate dalle intemperie. Erano riusciti a trovare i pezzi di ricambio adeguati per fabbricare un nuovo ats, smontando quelli che si trovavano ancora installati sulle navette parcheggiate all'interno dell’area di rottamazione. I motori, invece, erano stati sostituiti con un modello non originale del Mercury, un sistema generatore-propulsore integrato che, senza le modifiche speciali offerte dai tecnici degli spazioporti commerciali e le officine, spingeva la nave a una velocità di settantacinque metri al secondo. I software della nave erano stati i più difficili da trovare, dato che le navi destinante alla rottamazione venivano private di tutti i software ritenuti ancora validi o accettabili in termini di stabilità, funzionalità e funzionamento, infatti gli unici software in buono stato che erano riusciti a trovare e installare erano le due versioni base del software di navigazione e quello commerciale, il potenziamento video per effettuare lo zoom con le telecamere della navetta, e l’acceleratore di spinta per arrivare da zero alla velocità massima dei motori in poco meno di quattro secondi.
Al momento della prima attivazione dei motori e dei sistemi base della nave, Ted si chiese come avrebbe fatto a viaggiare per più di due metri su quella malconcia scatoletta di tonno senza saltare in aria prima. Quando uscirono dall'attracco della stazione ed ebbero appurato che, contrariamente alle catastrofiche previsioni, tutti i vari componenti della nave funzionavano al massimo della loro capacità, Jordan chiese a Ted se avesse scelto un nome ufficiale da inserire nel transponder da aggiungere al codice identificativo fornito con l’apparecchio, MA4US-32. Siccome si era ricordato come aveva chiamato la nave poco prima della sua accensione, scatoletta di tonno, in onore di quel suo madornale errore di giudizio decise di chiamare il cargo “Little Tuna”, un nome che aveva estrapolato col traduttore multilingua scegliendo un’antica lingua terrestre, l’inglese. Il nome in lingua originale suonava bene, perciò decise di non tradurlo ulteriormente nella lingua corrente Argon, un guazzabuglio di russo, giapponese e inglese da far venire l’orticaria persino al Papa.
In più, oltre a tutte le altre funzionalità fondamentali per un cargo mercantile a lungo raggio, avevano scoperto che l'Espansore Quadrimensionale funzionava alla perfezione: infatti, non appena l’avevano installato all'interno della stiva modulare, dalle tremila unità di carico iniziali la capacità era aumentata, secondo i sensori della nave, a ventimila unità (e questo senza modifiche alla struttura originale della stiva). Per un cargo di quel tipo pagato quasi nulla e un commerciante alle prime armi era come una benedizione, dato che il mercantile Argon più capiente, il Mistral Super Cargo, arrivava a costare anche cinque milioni di crediti e aveva un carico massimo di quindicimila unità. Per ultima cosa, ma non meno importante, Jordan aveva trovato un Cannone Particellare con relativo software di puntamento da installare come torretta sul retro della nave, un’arma dal rateo di fuoco molto elevato efficace soprattutto contro le salve di missili e i caccia ricognitori.
Anche se ci stavano mettendo più del dovuto (viaggiare con l'ats rendeva il viaggio soggettivamente più rapido, dato che non influenzava il normale spazio-tempo) decisero di non attivare l'ats, poiché Jordan aveva bisogno di ancora un po’ di tempo per effettuare gli ultimi controlli e calibrare i sistemi e i sensori che, per motivi di incompatibilità strutturale, subivano lievi oscillazioni di energia, cosa che, durante una situazione di pericolo, poteva rivelarsi fatale. Erano sistemi delicati, circuiti elettrici a base cristallina che necessitavano di tecnici specializzati e un afflusso controllato di energia, come per esempio le batterie dei motori, in grado di estrapolare energia punto zero dalle dimensioni parallele più vicine a quella principale, tramutandola poi in energia ionica che veniva espulsa dai propulsori.
Jordan aveva deciso di salire sul cargo per farsi accompagnare da Ted allo spazioporto di Fortuna di Elena, dove avrebbe barattato dei pezzi di ricambio di un Elite in cambio di una partita di missili Mosquito da portare al cantiere di Argon Prime per soddisfare le richieste sempre maggiori di armi a buon mercato per difendersi da pirati e dalle razze ostili che stavano imperversando in tutto il Commonwealth. Però, prima di andare allo spazioporto, sarebbero andati ad acquistare le celle energetiche a La Muraglia, dato che di recente la Argon Energia aveva costruito in quel settore un impianto autonomo di produzione energetica di classe XL, un complesso che veniva rifornito dai cargo della AE di silicio, riducendo al minimo i costi di gestione della produzione di celle energetiche, costringendo i concorrenti locali a vendere le loro fabbriche e trasformando il settore in un meta obbligatoria per tutti i mercanti che avevano bisogno di energia a buon prezzo.

Dopo un paio d’ore, spinti solamente dai propulsori, Jordan concluse i suoi lavori di manutenzione e tornò nella sala di pilotaggio, ora rimessa a nuovo e più spaziosa, senza cavi pendenti o scoperti e attrezzature ingombranti al posto sbagliato. Sedette al posto del copilota, il sedile sulla destra, e diede un’occhiata al gravidar e al pannello di controllo dei sistemi, per vedere se gli scanner rivelassero qualche oscillazione anomala di energia o micro-falle nello scafo. Soddisfatto dell’ottimo lavoro svolto, il meccanico si concesse qualche minuto di relax, mettendosi più comodamente sulla sedia e con le mani dietro la testa, osservando beato le meraviglie cosmiche che popolavano il mondo fuori dalla vetrata davanti a lui. Nebulose ramificate, stelle, Argon Prime nella sua bellezza esotica, le scie ioniche di colore bianco-azzurro delle piccole navette che sfrecciavano tutt'intorno come api operaie in un alveare… Tutto quel ben di Dio aveva il potere di far rilassare persino un paranoico con manie complottistiche e deliri di persecuzione.
Si avvicinarono al portale Est di Argon Prime, quello che conduceva a La Muraglia. Di fronte a loro si trovava il gigantesco macchinario lasciato lì dagli Antichi innumerevoli ere prima, con finalità ignote. Sulla parte destra dell’anello c’era un grosso cilindro metallico attraversato da linee blu fosforescenti che indicavano la presenza di energia, il quale, collegato all'anello da grossi tubi d’acciaio e condutture in vetro di diamante all'interno delle quali scorreva il fluido blu fosforescente, dava energia all'anello interno del macchinario, facendolo ruotare e creando un’interferenza nello spazio-tempo e permettendo al macchinario di creare un tunnel di accelerazione gravitazionale collegato al portale gemello di La Muraglia. L’energia instabile del portale che permetteva il viaggio istantaneo tra due portali era ben visibile all'interno dell’anello: una specie di pozza d’acqua in movimento, blu-azzurra, eterea, archi elettrici che si rincorrevano da un estremo all'altro del macchinario, tutti quei fasci di luce blu che si muovevano in senso orario, dando l’impressione di guardare un gigantesco gorgo marino. I portali degli Antichi, nonostante il loro reale funzionamento fosse ancora un mistero per la complessità delle tecnologie e dei materiali utilizzati, avevano un’innegabile bellezza, il blu del vortice che aveva un potere terapeutico su chi lo guardava, capace persino di distrarre, almeno per un secondo, uno Split da un combattimento.
Entrarono nel portale e, istantaneamente, si ritrovarono nel settore La Muraglia. Nonostante non fosse un settore strategicamente importante, dato che non fungeva da accesso verso le zone di guerra o i campi di asteroidi più ricchi, aveva una notevole importanza per i settori limitrofi grazie ai suoi impianti di produzione, le centrali solari, gli allevamenti di Argnu e le macellerie di Cahoona che rifornivano di bistecche le stazioni adibite al confezionamento delle razioni alimentari per l’esercito e i lavoratori delle stazioni federali. Il console del settore, Lucius Darrymoore, aveva investito molto nella ricerca e negli impianti di quel settore, trasformandolo da semplice spazio vuoto tra due settori a meta obbligatoria per i cargo dei rifornimenti alimentari ed energetici, cosa che gli valse una medaglia da parte del Ministro dell’Economia e dello Sviluppo.
Passando vicino a uno dei tanti allevamenti orbitali del settore, Ted non riuscì a fare a meno di pensare a quando anche lui credeva che la vita iniziasse e finisse tra le mura d’acciaio dell’allevamento di suo padre: pareva fossero passati secoli, mentre in realtà la sua avventura era cominciata da pochi giorni. Come facevano quelle persone a resistere in quei luoghi così poco creativi, le mura d’acciaio che promettevano monotonia a gogò, mentre pochi centimetri più in là un Universo dinamico zeppo di meraviglie si evolveva costantemente? Era là fuori che le persone contavano davvero, dove anche un commerciante squattrinato poteva diventare un imprenditore benestante, mentre l’unico risultato che si otteneva standosene la maggior parte della vita in un solo luogo senza tenersi aggiornati e farsi sentire era diventare degli anonimi, morire senza lasciare tracce di sé stesso, senza nessuno a ricordare e far ricordare. Ecco perché Ted aveva voluto chiudere con la sua vecchia vita: voleva che il suo nome fosse ricordato, nel bene o nel male dipendeva da quanto sarebbe stata subdola la casualità con lui.
La stazione che stava cercando si trovava a circa due scatti (200 km) di distanza dal centro del settore, nel quadrante sud, in una zona di spazio sgombra da traffico e altre stazioni. Il motivo per il quale la stazione era stata costruita così fuori mano era piuttosto semplice: in quella zona i grossi pannelli solari dell’impianto potevano lavorare a pieno regime e senza interferenze (non certo ai livelli di efficienza di Faro di Akeela), senza le ombre di altre stazioni o flussi di navette in movimento a oscurare i pannelli. Così facendo, la stazione aveva un buon rendimento e, data la posizione leggermente fuori dalla portata dei gravidar dei piloti meno avventurosi, era visitata da un numero ridotto di cargo e le sue stive erano quasi sempre piene e i prezzi delle celle di energia concorrenziali rispetto a quelle dei settori più trafficati.
La stazione entrò nel raggio del comunicatore della Tuna. Jordan pigiò un bottone e aprì un canale di comunicazione: il sistema di comunicazione automatico del computer centrale della stazione, con la sua voce metallica e priva di sfumature emotive come quella di un vulcaniano, chiese se volevano attraccare, porre qualche domanda al centro informativo o contattare alcune delle persone presenti sulla stazioni. Jordan, sul monitor tattile installato sul piano davanti a lui, premette col dito la prima opzione e il computer della stazione disse loro di seguire la scia di luci lampeggianti per attraccare alla postazione a loro assegnata.
Ted accese uno dei tanti monitor alla sua sinistra, azionando le telecamere frontali del cargo, ottenendo un’immagine vivida di ciò che c’era davanti a loro. Impostò la modalità di attracco assistita e, come se si fosse trattato di un effetto spaziale messo lì in post-produzione, nello spazio vuoto apparvero due scie di luci equidistanti tra loro che formarono una pista verso l’attracco a loro assegnato: la torre di attracco era un lungo cilindro che, alla fine, si divideva in una decina di grossi bracci cilindri disposti a raggiera intorno allo stesso, i quali terminavano con un’apertura quadrata chiusa da un paio di paratie a tenuta stagna. Quel tipo di attracco, rispetto a quelli wireless del passato, era più sicuro rispetto alla tecnologia senza fili che scomponeva in atomi la merce nei depositi delle stazioni per poi riconvertirla al loro stato originale nelle stive delle navi, correndo sempre il rischio di perdersi alcuni atomi nel vuoto, con conseguenze disastrose a seconda del tipo di merce trasportata. Inserì il pilota automatico e l’ats e attese con pazienza che la Tuna si sistemasse in maniera corretta ed equidistante dall'apertura del braccio numero 7, quello a loro assegnato.
Con una breve occhiata in giro, Ted si rese conto che c’erano altre quattro navette cargo attraccate alla stazioni, ma non sapeva se si trattasse di semplici passanti, trasporti passeggeri o navi minerarie. Nell'attracco che si trovava dall'altro lato della stazione, isolato dagli altri per via della sua grandezza, non c’era nessun cargo di classe capital agganciato né in fase di attracco, cosa che rassicurò Ted, dato che le gigantesche navi commerciali che venivano prodotte dalle parti di Albion avevano stive così esageratamente grandi da svuotare le piccole e obsolete stazioni del Commonwealth.
Non appena la nave fu in posizione e il computer commerciale della stazione collegato a quello della Tuna, Ted diede un’occhiata alla lista delle offerte commerciali proposte dalla stazione: alcune riguardavano le merci acquistate dalla stazione, ossia il silicio per le celle e acqua, medicine e rifornimenti alimentari di vario genere. Nella sezione delle vendite, il ragazzo rimase colpito da un’offerta in particolare, ossia un contratto commerciale che prevedeva la vendita di diciottomila celle di energia per due crediti per unità di merce. Ted avrebbe voluto caricare la stiva al massimo, dato che era perlopiù vuota, a parte le unità della stiva convertite a moduli operativi per gli scudi e i sistemi di puntamento ed energetici della torretta, il tutto per una perdita di unità di stoccaggio pari a trecento unità.
Controllò le altre offerte, ma dato che erano sistemate nella lista dalla più bassa alla più alta, decise di optare per lo stock da diciottomila celle. Collegò il suo dispositivo di pagamento al computer della nave, collegato a sua volta a quello della stazione, e impostò i parametri affinché la somma di trentaseimila crediti transitasse sul conto della stazione. Infatti, dopo qualche secondo di elaborazione dei dati, il sistema di comunicazione automatico della stazione comunicò loro che la transazione era avvenuta con successo e che tra pochi istanti i droni avrebbero cominciato le operazioni di imbarco. Infine, ringraziò e salutò con una voce talmente artefatta e priva di emozioni da sembrare un messaggio subliminale, falso, pieno di doppi sensi, una velata minaccia.
Le paratie del portello dell’attracco si aprirono verticalmente scorrendo sulle rotaie, lasciando intravedere una serie di congegni meccanici e ingranaggi che avevano il compito di prelevare i droni da carico dall'officina interna e portarli fin all'uscita dell’attracco, dove sarebbero stati attivati da un impulso elettrico a bassa energia e sarebbero usciti a compiere il loro dovere, già con la piccola stiva riempite da due o tre unità di merce, a seconda della grandezza della merce.
I droni, circa uno ogni minuto, cominciarono a uscire: avevano una forma vagamente ellissoidale, piatta nella parte inferiore dove si trovava la zona di trasporto merci, la quale era composta da una serie di bracci metallici pieghevoli che, chiusi come le zampe di un ragno morto, tenevano stretti i piccoli container di classe S che trasportavano una cella di energia ciascuno. Dietro, invece, erano dotati di un propulsore ionico a bassa velocità, che permetteva al drone di volare in modo stabile sulle brevi distanze, aiutato anche dal sistema di guida integrato che evitava gli impatti con gli ostacoli solidi in maniera efficiente, senza far compiere al drone manovre azzardate e, alla lunga, rischiose sia per lui che per gli altri.
Dopo circa venti minuti di carico e scarico, i droni finirono il loro lavoro e rientrarono nel portello, mentre il computer della Tuna avvertì Ted che tutte le operazioni da e verso la nave erano concluse e si poteva ritornare a prendere il controllo della nave senza correre il rischio di causare incidenti. Ted non poté aprire il portello secondario che connetteva la cabina di pilotaggio alla stiva, poiché, quando si era in volo, i sistemi automatizzati della nave aumentavano del trenta percento la pressione della stiva per mantenere al sicuro il carico, evitare che si danneggiassero urtando accidentalmente tra loro. Non poteva certo aprire il portello, dato che la grande differenza di pressione che c’era tra i due compartimenti avrebbe potuto seriamente danneggiare i loro organi interni e ucciderli, perciò consultò il computer della nave e controllò il modulo di stoccaggio: pressione ideale e costante, niente perdite dai container delle merci e occupazione ottimale dello spazio, senza sprechi. Diede energia ai propulsori, azionando anche l’acceleratore per non dover attendere ulteriormente la velocità massima della nave e si allontanò dal raggio di comunicazione della stazione.
Impostarono il computer di navigazione verso Fortuna di Elena, così che Jordan potesse scendere allo spazioporto e fare le sue commissioni, dopodiché avrebbe cercato per conto suo un mezzo per ritornare al cantiere di Argon Prime con la merce che doveva ritirare. Questo era quello che avrebbe dovuto fare, mentre ciò che fece in realtà fu molto diverso: il vicedirettore del dipartimento delle officine nel quale lavorava anche Jordan, lo contattò tramite il suo cercapersone e gli disse che, a causa di incomprensioni nate tra le parti, l’accordo era saltato e il cantiere aveva commissionato i missili a un’azienda governativa, più costosi per via delle tasse sempre più alte ma con la sicurezza che il carico sarebbe arrivato quando stabilito. Jordan poteva prendersi tutta la giornata libera e avrebbe dovuto fare ritorno al luogo di lavoro il giorno dopo alle otto, riprendendo poi le sue solite, noiose sessioni di smonta-ripara-rimonta navi.
Siccome aveva il resto della giornata libero, Jordan decise di seguire Ted mentre questi andava di settore in settore per riuscire a trovare una stazione dove vendere le celle a diciannove o venti crediti. Era un modo per godere delle bellezze dell’Universo prima di ritornare alla grigia, metallica e stantia vita da meccanico senza prospettive positive per il futuro. Poi, stava cominciando a stimare Ted come persona, per la sua voglia di provare sulla propria pelle l’ebbrezza dell’avventura, il sapore del rischio, il brivido dell’ignoto. Ciò che Jordan sognava per il suo futuro quando era giovane e ingenuo…

Ci misero quattro ore buone, poiché dovettero girare parecchio prima di trovare il settore ideale per vendere le celle e, per ogni settore che attraversavano, Ted pretendeva di esplorarlo da cima a fondo prima di passare al prossimo, dato che, a differenza di Jordan, il ragazzo riteneva uno spreco assurdo e dannoso comprare degli aggiornamenti per le mappe stellari, aggiornamenti che erano quasi sempre o incompleti o vecchi di parecchi mesi, cosa che rendeva illogico spendere del denaro per acquistarli (Ted si era scoperto Vulcaniano e Teladi allo stesso tempo).
Lasciarono i territori della Federazione Argon e raggiunsero i confini dell’Impero Paranid, più precisamente il settore Miniere dell’Imperatore, una fruttuosa colonia mineraria che forniva minerali e silicio alle industrie hi-tech di quel quadrante dei loro territori. Era uno dei pochi settori nei quali i non-Paranid e le persone che non riconoscevano la loro fede e il potere superiore del loro Duca potevano circolare liberamente… Però sempre sotto il sospettoso e vigile occhio della polizia di quel settore, la quale non incoraggiava certo i turisti a rimanere nel settore. Si limitavano a commerciare, concludere le trattative e basta, senza gettare i ponti per future relazioni diplomatiche pacifiche o legami di amicizia con le razze impure di tutto l’Universo. Al momento la Federazione Argon era in relazioni pacifiche con i Paranid, ma la tensione tra le due razze stava crescendo per via delle numerose operazioni minerarie presso asteroidi di Nividio che i Paranid stavano compiendo, cosa che molti anni prima aveva causato uno spaventoso incremento delle attività ostili dei Kha’ak, a danno soprattutto degli Argon, con la perdita di Confini della Federazione e la morte di innumerevoli persone onorevoli a Omicron Lyrae.
Individuarono una stazione ancorata a un grosso asteroide di silicio: si trattava di un impianto mobile di estrazione automatizzata dei minerali, un complesso relativamente semplice che richiedeva poca manutenzione e pochissime risorse per operare, ma la cosa più importante era che, dopo l’esaurimento di tutte le vene minerarie dell’asteroide, la stazione poteva essere usata come stazione di stoccaggio oppure poteva essere smontata, caricata su di un cargo di classe TL e trasportata presso un altro asteroide, dove avrebbe ricominciato il suo ciclo di estrazioni. Le miniere che venivano utilizzate al momento nell'intero Commonwealth (i Terrestri continuavano a preferire la raccolta manuale o automatizzata tramite cargo o droni minatori) erano basate sugli stessi modelli del passato, riconvertiti in modo da essere smontate e riutilizzate da altre parti grazie all'ingegno di un team di architetti e ingegneri Argon-Boron che aveva perfezionato le metodiche di costruzione di quei complessi e avevano sviluppato nuove leghe polimeriche a base di Teladianium, utilizzate anche sulle altre stazioni per il costo contenuto e l’alta durabilità del materiale.
Quando attraccarono alla stazione, il messaggio di benvenuto preregistrato disse loro che il Duca Sacerdote li salutava, i Paranid erano una razza superiore, “trullallero-trullallà il Sacerdote ascenderà”, e altre boiate dettate da una religione malata come quella dei Paranid. Incrociando le dita, dato che volare di stazione in stazione senza avere il “localizzatore di vendite e acquisti migliori” dei Teladi era una vera e propria rottura, Ted aprì la lista dei contratti delle merci acquistate dalla stazione in quel momento: fece un balzo sulla sedia e quasi sfiorò i pulsanti e gli interruttori che si trovavano sulla paratia sopra la sua testa, tanta era la sorpresa per un evento così fortuito!
Nei contratti di acquisto attualmente offerti dalla stazione, sopra tutti gli altri ne svettava uno alquanto succulento: integrata nel contratto commerciale c’era alcune righe di briefing da parte del senior buyer della stazione, il quale spiegava che, dato l’incremento della domanda di cristalli nei settori principali Paranid, la stazione desiderava fare il pieno di energia, più una scorta aggiuntiva da utilizzare in caso di ulteriori aumenti della domanda di wafer di silicio. Desideravano raggiungere la quota di quarantacinquemila celle di energia, consegnabili alla stazione con un unico carico o più giri, dato che avevano fissato l’incremento di produzione tra due giorni. Erano disposti a pagare ben venti crediti per ogni cella di energia consegnata, un prezzo che solitamente veniva fissato nelle stazioni appena costruite e coi magazzini ancora completamente vuoti.
Pur sapendo che non sarebbe riuscito a consegnare le restanti ventisettemila celle di energia, dato che non aveva idea se sarebbe riuscito nuovamente a trovare delle celle di energia in vendita a due crediti l’una, decise di vendere tutte quelle che aveva sul cargo al momento, in modo da avere un alto e sicuro guadagno. Comunicò al computer commerciale della stazione che voleva vendere un carico di celle di energia a venti crediti l’una e, dopo qualche secondo, ottenne il via libera. I droni della stazione uscirono e, entrando nella stiva della nave tramite un piccolo boccaporto sul fianco destro, presero la merce e la trasportarono all'interno dei magazzini della stazione.
Quando le celle furono tutte trasportate e alloggiate all'interno della stazione, il computer della stazione segnalò che le merci erano arrivate e che il pagamento era in arrivo. Pochi secondi dopo, infatti, il computer della nave di Ted registrò il transito della somma di denaro e pochi istanti dopo il suo TransMat emise un suono e sul monitor apparve la somma di denaro che era stata accreditata e quella totale. Vedendo quella cifra, il ragazzo capì di aver fatto un colpo grosso, anzi grossissimo, il segno che la sua avventura nell'Universo X non era destinata a finire in miseria e solitudine.
Sul suo dispositivo di pagamento erano stati accreditati trecentosessantamila crediti e, tra tasse e baggianate fiscali locali, aveva sul conto circa settecentomila crediti. Facendo un breve calcolo mentale, trecentosessantamila crediti di guadagno meno i trentaseimila spesi per l’acquisto della merce, Ted aveva ottenuto un guadagno di trecentoventiquattromila crediti, una cifra niente male alla prima transazione economica effettuata da privato cittadino. Felice, Ted chiuse il collegamento con il computer della stazione e si allontanò da essa.

Siccome si era fatto pomeriggio e tutti e due avevano consumato una colazione leggera all'alba, decisero di andare allo spazioporto di Confini della Federazione, la prima stazione costruita dopo il grande attacco Kha'ak, per fare pranzo nel pub Junky Floot, un locale che offriva specialità terrestri preparate con ingredienti del Commonwealth, una sorta di Little Italy dove gli Argon avevano riscoperto e si erano nuovamente innamorati della pizza, gli spaghetti e le altre prelibatezze da gourmet.
Per raggiungere Confini della Federazione, furono costretti a passare per Terra di Luce, dato che il portale sud di La Muraglia era momentaneamente utilizzato da un piccolo contingente di capital Argon-Boron, esercitazioni militari che sarebbero durate fine al giorno dopo. Impostarono manualmente la rotta, in modo che non prendesse in considerazione il portale sud, e diedero energia ai motori, dirigendosi verso Argon Prime, e successivamente verso Terra di Luce, il quartier Generale della Terracorp Corporation.
Arrivati a Terra di Luce, accaddero così tante cose e così velocemente che sia Ted che Jordan rimasero momentaneamente imbambolati, come conigli accecati dagli abbaglianti di un’auto: uno sciame di Kha'ak stava sfrecciando vorticosamente attorno al portale dal quale erano appena entrati, bersagliando coi loro laser violacei le piccole navi civili che tentavano invano di fuggire da quel turbine di morte. Le navi Kha'ak erano di forma piramidale con riflessi violacei che le rendevano ancor più aliene e anche l’unico propulsore che permetteva loro di librarsi nello spazio come colibrì aveva un colore bianco-violaceo.
Mentre Ted si riprendeva dallo shock iniziale e dava massima energia ai propulsori e all'acceleratore per fuggire da quel delirio di fasci di luce mortale, un intercettore nemico, poco prima di essere distrutto dalle navette della polizia che intanto erano sopraggiunte, riuscì a sparare un colpo all'indirizzo della Tuna. Gli scudi riuscirono ad assorbire l’energia ma la pressione esercitata dal laser aveva fatto saltare i collegamenti dei propulsori, immobilizzando di fatto la nave. Solo i razzi di manovra laterali e verticali funzionavano ancora.
Muovendo la nave su e giù e a destra e sinistra per evitare di rimanere di fare da bersaglio fisso e attirare il fuoco nemico, Ted riuscì ad allontanarsi di circa cinquecento metri, abbastanza affinché i nemici li ignorassero e concentrassero il fuoco sulle navette della polizia. Nel frattempo, cercando di essere rapido come una saetta e preciso come un chirurgo, nel pannello di controllo ausiliario che serviva a regolare l’afflusso di energia ai vari sistemi della nave nel caso che l’energia venisse a mancare in uno o più sistemi. Ci mise solo pochi minuti, dato che sapeva dove mettere le mani e aveva studiato alla perfezione i tipi di sistemi che aveva installato sulla nave: deviò parte dell’energia delle armi ai propulsori e, a velocità ridotta, si allontanarono dal campo di battaglia, sospirando di sollievo per il pericolo scampato. Jordan era così competente nel suo campo che, molto probabilmente, sarebbe riuscito a far funzionare alla perfezione un jumpdrive con la sola energia di una pila a bottone.
Mentre si rilassavano e lasciavano che la tensione accumulata in quegli intensi attimi di terrore scemasse, Ted si rese conto di una cosa ovvia: lui era un buon mercante e mediatore, Jordan era un ottimo meccanico ed esperto dei sistemi elettronici delle navi. Entrambi, erano in grado di far marciare al duecento percento la Tuna, e la loro fuga miracolosa di poco prima ne era la prova. Perché non mettersi insieme e far fruttare queste loro grandi potenzialità?
Condivise la sua idea con Jordan e, dopo qualche attimo di titubanza, il meccanico accettò molto volentieri. D'altronde, che cos'aveva da perdere? Una vita di fatiche e miseria all'insegna dell’anonimato mentre l’Universo veniva fatto senza che lui potesse esserne partecipe? Meglio un bagno in una supernova che una vita simile.
E così, Ted e Jordan si misero in società, condividendo tutto al cento percento, dato che stavano cominciando a conoscersi e avevano capito che ci si poteva fidare l’uno dell’altro. Insieme, partirono alla volta delle infinite distanza cosmiche, guadagnando denaro, rispetto e notorietà in un mondo folle ed egoista dove questi “attributi” contavano più della bontà delle persone.
"La fantasia è più importante della conoscenza" (Albert Einstein)

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